Omelia (25-12-2017) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 2,1-14 La descrizione del Natale del Signore che abbiamo appena ascoltato è lontana anniluce da quella che ascolteremo domani: sappiamo che il Prologo del Vangelo di Giovanni non descrive il fatto della nascita di Gesù, ma il valore teologico di questa nascita. E per descrivere il valore teologico del Natale del Signore, non si può ricorrere alle tradizionali natività esposte nelle chiese, nei musei, o rappresentate nei libri di arte... Ma stanotte siamo tutti davanti al presepio, bambini e vecchi, insieme con i pastori, in adorazione del bambinello. Prima però di affrontare il Vangelo di Luca, c'è qualcosa da dire sulla prima lettura, tra le più famose profezie di Isaia; lo scrittore ispirato presenta un paradosso sconcertante: il Signore degli eserciti dona al suo popolo un bambino, un neonato... Tutto ci saremmo aspettati da un signore degli eserciti - che so, una nuova arma di distruzione, uno conflitto planetario, un intervento definitivo che avrebbe eliminato tutto il male e la violenza dalla faccia della terra... -, ma non un bambino, fragile, e soprattutto indifeso. È vero, Isaia elenca gli attributi di questo bambino: sono a dir poco altisonanti: sulle sue spalle è il potere; sarà chiamato Consigliere mirabile, Dio potente, Principe della pace, Padre per sempre... Ma tutte queste realtà non sono ancora attuali; suonano ai nostri orecchi allenati - o forse poco allenati - poco più che una promessa. Nel senso che, questo bambino dovrà crescere e solo allora, quando sarà adulto e maturo, diventerà ciò che la profezia ha annunciato di lui. Per adesso è solo un bambino! un bambino, che ha bisogno di tutto... e di tutti... Che ne dite, potremmo assumerci l'impegno di crescerlo, questo bambino che stanotte è nato per noi... in fin dei conti è un dono, un talento che ci è stato affidato perché lo trafficassimo, un seme che il divino Seminatore ha gettato nella nostra terra perché mettesse radici e crescesse forte e rigoglioso... Il Vangelo è pieno di esempi come questi. In altre parole, il buon Dio ha mandato la sua Parola, il Verbo eterno ad incarnarsi tra noi, in noi, perché ne diventassimo responsabili. La vicenda di Gesù di Nazareth è la testimonianza di quanto ci siamo dimostrati responsabili, anzi, no, irresponsabili della vita di Lui! Ma stanotte è Natale! Gli echi della Passione sono ancora lontani; tuttavia c'è già un rifiuto dagli uomini! "Per Maria e Giuseppe non c'era posto nell'albergo", ci informa san Luca: questa notazione passa pressoché inosservata agli orecchi di un ascoltatore poco attento e forse troppo romantico... Gli artisti si sono sbizzarriti a dipingere, o modellare grotte, stalle, mangiatoie e altre simili amenità, così pure gli ideatori di presepi... taluni di questi (presepi) sono veri capolavori! Ma, sapete, la verità è molto meno romantica, molto meno artistica: la esprimo con le stesse parole di Giovanni: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto." (1,11). L'angelo apparso ai pastori disse: "Questo è il segno: troverete un bambino..."; un segno è qualcosa di visibile, di tangibile, che però rimanda a qualcos'altro che non si può percepire con i sensi, e che è molto più importante e impegnativo, rispetto al segno stesso. Stanotte e nei prossimi giorni fermiamoci pure, con l'attenzione e con la devozione a quel bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia; ricordiamo però che quello è ‘soltanto' un segno! La nostra fede deve cogliere ciò che in quel segno è significato, ciò a cui quel segno allude... Non si tratta di guardare fuori di noi, o non soltanto fuori di noi! Dobbiamo guardare dentro di noi, dobbiamo guardarci dentro...per trovare quel dono, per riconoscere quel talento, per coltivare quel seme. Siamo uno scrigno che custodisce un tesoro, una perla preziosa... siamo la buona terra dove l'Onnipotente ha seminato il Suo seme... A proposito di semina: fra tre mesi è primavera, chissà se il nostro seme sarà germogliato? Io credo di sì!... |