Omelia (25-12-2017) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il Natale del re di pace "Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo." Parole franche e attualissime di un poeta ermetico come Salvatore Quasimodo che descrive il permanere dell'ostinazione umana al male: cambiano solo le armi e le modalità di combattimento, ma la guerra è una realtà mai estinta nella storia umana, per colpa di un cuore "senza Cristo", privo di fede e di amore, che non di rado sfrutta anche l'idea di Dio per concepire la morte. In questi ultimi decenni della nostra epoca, siamo stati costretti ad assistere a deplorevoli scenari di orrore e di belligeranza non soltanto negli schieramenti militari, ma anche all'interno delle varie etnie, delle singole comunità e perfino nelle famiglie. Ci si uccide a vicenda per banalissimi motivi, prescindendo dal raziocinio e dal buonsenso e uno dei morbi che avvelena la nostra esistenza fin dalle origini è sempre lo stesso: l'ambizione irrefrenabile di potere e di ricchezza. Ci si domanda: dov'è Dio? Come si atteggia nei confronti di tanto male e di tanta distruzione? Sempre Quasimodo, suggeriva all'uomo del suo futuro di non emulare gli errori dei suoi padri, di prescindere dalle nequizie e dalle perversità del passato e di prefiggersi unicamente l''obiettivo della pace e del disarmo. Appunto in questo nostro obiettivo di benessere e di pace Dio promette di essere presente e mantiene la promessa facendosi egli stesso apportatore di pace. E proprio questo è l'evento di Betlemme: Gesù Cristo, che verrà definito re di pace sulla scia di Melkisedek (Eb 7), da Figlio di Dio diventa Figlio dell'Uomo. S'incarna assumendo la natura umana e già nella sua divina infanzia si rende agente di giustizia, comunione e pace universale. I pastori accorrono "senza indugio" dopo aver assistito all'epifania degli angeli e trovano nella mangiatoia un Bambino che capiscono essere il Messia, motivo della gioia fondamentale loro e di tutti. Comunicano con entusiasmo a quanta più gente possibile quanto hanno visto, rendono partecipi tutti della stessa gioia, facendo accorrere alla grotta anche gli increduli e gli impenitenti. Attorno al re di giustizia e di pace vengono a trovarsi tutte le condizioni per cui possa esserci pace e riconciliazione, ossia il fatto che Dio si fa uomo: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama". Il fascino della grotta di Betlemme è davvero seducente, perché in essa si esplicita questa grandiosa opera di Dio a vantaggio dell'uomo: a Betlemme non nasce semplicemente un bambino privo di comodità e nelle condizioni ostili di abbandono, ma è Dio stesso. Si conciliano natura umana e natura divina nell'unica Persona del Verbo; l'eternità entra nel tempo, la Ricchezza grandiosa nelle piccole vesti precarie di un fanciullo; l'onnipotenza diventa debolezza per essere la nostra Forza. L'ineffabile Signore che nasce nella carne assumendo immediatamente la condizione più aberrante dell'umano, cioè quella di un'infanzia abbandonata e precaria. Tutto questo ci suggerisce che Dio non è lontano dalle ansie e dalle angosce dell'uomo "della pietra e della fionda", poiché assumendo in tutto e per tutto la nostra misera condizione, nella deprezzando di ciò che è propriamente umano (tranne il peccato) e assumendo su di se vulnerabilità e assoggettamento, non può che farsi prossimo a noi. Il Dio Bambino ci invita a rinascere a nuova vita, a interiorizzare e far nostra la stessa umiltà che egli ha assunto, a intraprendere i suoi stessi sentieri di amore e di pace, estromettendo tutto ciò che minaccia la vera pace, la giustizia e la retta convivenza. Dio Bambino ci sprona alla povertà come vera risorsa, alla semplicità vera garante della felicità, all'umiltà come vera realizzazione che è ben lungi dalle chimere dell'arrivismo. Dio Fanciullo, che attrae tante persone attorno a sé già nel silenzio e nell'abbandono, ci sprona a superare le logiche di discriminazione, le divisioni, le prevaricazioni sui più deboli a riconoscere i diritti gli uni degli altri perché nessuno resti sfruttato e sottomesso a un sistema ingiusto, a prodigarci nell'aiuto vicendevole perché l'amore subentri all'odio e alle ostilità. Dio che si fa Bambino per essere re di pace ci ispira che le inderogabili condizioni della pace risiedono nel mutuo interessamento gli uni per gli altri, nell'amore vicendevole, nella ricerca dell'utile degli altri oltre che del proprio. Ci suggerisce che le tensioni e le animosità si estingueranno solo quando finiranno i sotterfugi e gli imbrogli dell'appropriazione indebita, quando avrà fine il raggiro e quando ci si renderà conto che il potere e il guadagno esasperato sono semplicemente causa di malessere interiore per noi stessi e sociale per tutti gli altri. Gesù Bambino ci sprona di conseguenza alla speranza in un futuro che solo seguendo le sue impronte possiamo costruire. A realizzare così una prospettiva di pace che solo le vie di Dio possono garantire, nella consapevolezza che le perversità propriamente umane sono solo foriere di illusioni e di vita apparente. Quindi di morte e distruzione. Come scrive Pietro, Dio si è incarnato perché noi fossimo partecipi della sua divinità (2Pt 1,4). Affinché la divinità stessa possa salvare questa precaria umanità. Finché tuttavia l'uomo non sarà in grado di cogliere l'opportunità offerta dall'evento di Betlemme non sarà mai Natale, ma solamente una festa senza festeggiato, un'inane consuetudine consumistica che come la moda fuggitiva soddisfa solo lo spazio di un momento. Scrive Gianni Rodari: "Se ci diamo una mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà per tutto l'anno." BUON NATALE A TUTTI |