Che gioia, è Natale: Dio si è fatto uomo! Qualcuno ha detto: La meraviglia non è che l'uomo sia andato sulla luna, ma che Dio sia "sceso" sulla terra! E quale Dio è sceso sulla terra? Quello delle nostre proiezioni mentali? Un Dio tuonante e potente? Un Dio violento ed egocentrico? «Questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia». Dio si fa bambino, è quel neonato indifeso: è proprio vero, i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri; e i suoi pensieri smascherano e ribaltano i nostri falsi pensieri su di lui, proiezioni della nostra smania di grandezza.
Dio è tremante, non tremendo, non prende ma si dona, si mette nelle nostre mani, chiede amore, si offre indifeso come segno di fiducia nelle sue creature. Questo Dio non lo penseremmo mai, ed è proprio per questo che ci salva! Dunque chi è Dio? È quel frugoletto di 3 kg, che faceva tanto commuovere S. Francesco, al punto da inventarsi il presepe per contemplarlo meglio. È quel Dio che si abbassa per innalzarci tutti, che offre amore e chiede amore. E se noi lo amiamo, diventiamo come lui, che è l'amore. Sì, è proprio questo bambino a salvarci, a farci diventare Dio, perché la salvezza dell'uomo è diventare ciò che è: somiglianza di Dio che è amore.
Se leggiamo bene il Vangelo, scopriamo che la gioia, la luce della nascita di Dio è striata dal dolore: sul Natale già si proietta l'ombra della Croce che rende questa festa vicina a quanti soffrono. Questo bambino nasce nella povera Betlemme, non a Gerusalemme, sede del potere; non in una reggia, ma in una grotta; non in un comodo letto, nella mangiatoia, rifiutato persino dai suoi familiari: per loro non c'era posto, dice il Vangelo e anche il prologo di domani ci dirà: venne tra i suoi ma i suoi non l'hanno accolto. È il dramma dell'ostilità che porterà questo bambino a morire in croce.
Questa povertà forse un po' ci disturba: il Natale dei dolori ci aiuta a vivere questo giorno in modo meno superficiale e consumista, uscendo dalle nostre case in festa per cercare il piccolo Gesù oggi disperso nelle strade, nascosto nel cuore di anziani soli, degli uomini umiliati dalla povertà, rinchiusi nei campi-profughi disumani, schiacciati dalla malattia o dalla violenza. Almeno a Natale dovremmo capire il desiderio di Dio che ogni uomo che nasce, dovrebbe avere un posto accogliente in cui essere deposto e delle fasce che lo avvolgano vincendo il freddo dell'indifferenza. Quando capiremo che l'ultimo dei fratelli, il piccolo, il carcerato, il perseguitato, il nudo, l'affamato, l'immigrato - lo dice Gesù in Matteo 25 - è lui stesso, noi saremo salvi, diventeremo umani.
Se per il Bambino di Betlemme, non c'era posto tra gli uomini per noi c'è e ci sarà sempre un posto nel cuore di Dio, di quel Dio che restituisce dignità e bellezza ad ogni uomo, proprio quando noi ancora oggi poniamo creature venute dal cielo nel letame di una stalla: nei secchi degli ospedali dopo averli uccisi nel grembo, nelle carceri della Libia e dei Paesi in guerra dove insieme alle loro madri ci sono bambini indifesi e nei tanti posti affamati dalla nostra opulenza e nel nostro cuore, che può diventare culla o tomba di Dio, dove decidiamo di far nascere un bambino privandolo delle sue origini oppure di accogliere un figlio abbandonato. Senza l'amore, senza Dio, l'uomo sperimenta l'inferno in terra perché "l'inferno è dovunque non c'è Cristo" (Paul Claudel).
Facciamo spazio a Dio e ricordiamo a chi non vuole fare spazio a Dio che comunque è amato da Dio. Lui non ci lascia mai fuori.
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