Omelia (06-01-2018)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

La liturgia odierna ci indica il cammino che l'uomo deve percorrere per arrivare a Dio. nella liturgia della parola si sente, in maniera tangibile, il desiderio profondo della Chiesa che tutto il creato va incontro al suo Salvatore.

La festa dell'epifania è il coronamento gioioso di tutto il tempo del Natale. Una grande luce sii sprigiona da questa festa. Essa proviene da un neonato che è: il Figlio del Padre eterno, il messia del popolo di Israele, ma anche destinato a tutta l'umanità dei gojim per i quali è il re delle genti.

Il messaggio di Natale Dio lo annuncia mediante segni non univoci, ma adatti a ciascuno degli intenditori. Ai pastori, chiamati dagli Angeli, l'annuncio giunge attraverso un bambino adagiato su una mangiatoia, ai maggi attraverso una stelle, agli scribi e ai sommi sacerdoti attraverso la Scrittura, ad Erode attraverso la sapienza d'oriente. Questi sono figura della moltitudine dei popoli che, nei secoli futuri, andranno incontro alla luce che viene dall'alto a rischiarare le nostre tenebre.

Dall'oriente, terra della sapienza dei popoli essi vengono, quasi in pellegrinaggio, alla città santa di Gerusalemme, per interrogare la sapienza dei giudei e così colmare la loro attesa.

Non sappiamo quando e quanti ebbero il presentimento della nascita del Re dei re. Siamo soltanto a conoscenza, che i maggi si misero in cammino e seguirono la stella fino a Betlemme e li trovarono il Re che avevano atteso. A questo punto la loro scienza si esaurisce per lasciare spazio alla rivelazione, che farà loro riconoscere in quel neonato, alla cui presenza stanno, il re di quel regno da loro cercato. Anche a loro, come i pastori, hanno sotto gli occhi un'epifania umana e umile che mette in evidenza che quel bambino è destinato, come benedizione a tutta l'umanità. Non rimarrà che tornare in patria percorrendo una via nuova che indicherà loro cuore e non la stella che gli ha guidati fino a Betlemme.

Gli scribi e i sommi sacerdoti depositari e interpreti delle profezie, pur rispondendo in verità, non riescono a vederne la luce, rimangono come accecati e al buio. Quanto ad Erode, ha solo paura di perdere il trono e già lo spinge ad architettare progetti omicidi.

L'Epifania è per noi cristiani un monito: non è sufficiente conoscere la parola, se non ci impegniamo anche all'ascolto degli altri, dei non cristiani.


Nella prima lettura ( Is 60, 1-6) c'è come un'ansia di universalità che esprime il desiderio della Chiesa, affinché i popoli delle nazioni vadano incontro al Signore con sollecitudine. Ma c'è anche da chiederci: di che cosa devo rallegrarmi io, chiesa di oggi? Come posso rallegrarmi se le tenebre continuano a tenere sotto una cappa di piombo la terra, quantunque non si dirigono verso di me.

Forse per colpa mia " i magi prendono un'altra strada", pur tuttavia il mio destino, come il bambino nel presepe, è quello di accendere in cielo una stella, per condurre i popoli a lui.


Il salmista ha scritto questo Salmo certamente dopo l'esilio babilonese. Allorché verrà il Messia il suo regno diverrà eterno. Nessun salmo era più adatto di questo a celebrare la festa dell'Epifania. " I re di tarsi e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Selba offrano doni".

Immaginiamo Gesù cantare questo salmo nella sinagoga di Nazaret, lui piccolo e povero, ma conscio della propria regalata e del fatto che in lui saranno benedette tutte le stirpi della terra.

Noi possiamo solo impegnarci affinché questo scopo venga raggiunto anche senza i nostri meriti.

Nella seconda lettura Paolo ci parla del progetto di Dio nei nostri riguardi. Il genere umano è, per volere di Dio, " destinati" a costruire una vera unità, mediante un'accoglienza vicendevole e paritaria che genererà una pace duratura. Questa pace, disegno nascosto di Dio: riunire l'umanità, gli uomini la cerchiamo dalla note dei tempi, essa è diventata alla nostra portata, solamente con la venuta di Gesù. Egli ci ha fatto comprendere che ogni uomo ha il diritto di vivere in pace.

Quando, durante l'esodo, gli Israeliti si accamparono nelle steppe di Moab, Balak, re di Moab, fu preso da spavento. Spavento dettato dalla conoscenza di ciò che i figli di Israele avevano fatto agli amorrei e mandò dei messaggeri a Baalam, il mago, che sta oltre l'Eufrate, perché venisse da lui per maledire i discendenti di Giacobbe. Ma Baalam, con grande sorpresa di Balak, invece di maledire Israele lo benedice perché ha visto " una stelle spuntare da Giacobbe, un uomo sorgere da Israele. ( Nm 24, 17b ). Tra questo episodio narrato nel libro dei Numeri e il brano evangelico di Matteo, che l'odierna liturgia ci fa meditare, c'è un parallelismo ironico tra Erode e il re di Moab, tra il mago Baalam e i magi, che mette in evidenza che come al solito sono "gli altri" a riconoscere in Gesù il Cristo, pietra di inciampo per il suo popolo, mentre per i lontani, i deboli e gli indifferenti, anche di oggi, egli è la sola speranza a cui appigliarsi.

Sono i magi, gli estranei al popolo eletto, a salvare il bambino dalla ferocia di Erode perché invece di passare per Gerusalemme "per un'altra strada fecero ritorno al loro paese": Quando si incontra veramente il Signore e lo si accoglie, si percorre sempre una nuova strada e mai quella di sempre.


Revisione di vita

- Il Signore è veramente la stella che ci orienta il cammino della nostra vita per condurci al Padre
suo e nostro?

- Noi come genitori siamo, per i nostri figli una luce chiara che orienti l'itinerario del loro cuore?

- Siamo di esempio agli altri oppure siamo come gli scribi che pur conoscendo la verità di fatto la
ignoriamo?


Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari