Omelia (14-01-2018) |
Missionari della Via |
Gesù sta passando, è in cammino. Per ben 3 volte troviamo il verbo vedere. Non è tanto un vedere fisico, ma indica la capacità di cogliere la realtà più profonda e bella dell'altro: è vedere oltre la vista. E così Giovanni Battista "vede" nel Nazareno che si avvicina il Messia servo di JHWH; i due discepoli "vedono" dove Gesù rimane, e rimangono con lui, dando una svolta radicale alla loro vita; Gesù "vede" nella profondità dell'animo di Simone ciò che nemmeno lui sapeva e così gli cambia nome, gli consegna una nuova identità e una nuova responsabilità (M. Russotto). Giovanni fissa lo sguardo su di lui e lo indica dicendo: ecco l'agnello di Dio. Come i discepoli ebbero bisogno del Battista, così noi per capire la nostra vocazione e per crescere nel cammino di fede abbiamo bisogno di qualcuno che ci indichi Gesù, che ci aiuti a conoscerlo: ecco il ruolo della guida spirituale. La ricerca della volontà di Dio abbisogna di mediazioni umane, di persone capaci di essere segni, capaci di orientare il cammino di una persona e di generare alla vita secondo lo Spirito. La guida spirituale non è colui o colei che seduce portando anime a sé, ma che conduce a Cristo, per aiutare ad innamorarsi di lui, a conoscerlo, a seguirlo. Per Andrea fu il Battista, per Pietro lo stesso Andrea: per te chi è? E se hai una guida spirituale, cerchi di essere fedele a quanto ti dice? I due discepoli sentono le parole del Battista e seguono Gesù, l'agnello di Dio. Questa parola oltre all'agnello pasquale, richiama anche il testo del Servo di JHWH in Is 53,5-7, dove si parla di un misterioso personaggio venuto a salvarci, facendosi carico di tutti i nostri peccati per liberarci dal male. I discepoli sono affascinati: in un mondo dove molti vivono all'insegna dell'egoismo, sempre alla ricerca del proprio piacere, immagine e successo, o che si illudono di amare "a part-time" finché fa comodo. Ecco invece uno libero di vivere per Dio, di sacrificarsi per gli altri, capace di amare sul serio. Lo iniziano a seguire, avvertendo un desiderio profondo di pienezza, di libertà. E Gesù, intercettando i desideri più profondi del cuore umano, si voltò verso di loro chiedendo: che cosa cercate? Non chi cercate, ma che cosa. E tu che cerchi? Guardati dentro: forse dirai: la pace, la felicità, il senso della mia vita. Se cerchi questo, bene, è proprio Gesù che stai cercando! E solo in lui lo possiamo trovare. Siamo tutti invitati a cercare Dio e la sua volontà: è questo l'anelito più profondo del cuore umano, e come disse S. Agostino: "Tu ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te". Per questo i discepoli gli chiedono: dove dimori? Non è la richiesta dell'indirizzo di casa; nel Vangelo di Giovanni il verbo dimorare, rimanere, è il verbo della profonda comunione con Dio, come a dire: chi sei davvero? dove poggi la tua vita? dove trovi saldezza e stabilità? Gesù dimora nel Padre, nella sua Parola, nel suo amore. Vive in profonda comunione con lui: ecco dove trova forza, dove attinge Amore. Per capirlo, i discepoli dovranno camminare con lui: non lo si può capire e imparare per informazione, ma bisogna fare un'esperienza: venite e vedrete. I discepoli nel Vangelo lo seguono e ne rimangono affascinati, al punto da ricordare pure che ore fossero quando Gesù li chiamò: le quattro, l'ora decima secondo la misurazione ebraica del tempo. Il dieci è simbolo della pienezza: ecco, Gesù è la pienezza che il cuore dell'uomo cerca! E solo la relazione con lui sazia. Subito Andrea corre da Simone per dirgli: guarda che abbiamo trovato il Messia. E Pietro andò da Gesù. Tutti siamo chiamati ad annunciare la gioia dell'incontro con il Signore, per condurli a lui, senza ostacolarli con la cattiva testimonianza. Tanti hanno bisogno delle nostre parole, della nostra testimonianza per aprirsi al Signore e seguirlo: gli altri, vedendoci e sentendoci, sono invogliati a farlo? E Gesù, fissando Simone, ne rivela l'identità più profonda: tu sei Pietro, quel Pietro che a suo tempo porrà come guida della sua Chiesa, segno di un destino inatteso e grandioso. L'incontro con Cristo non è mai un avvenimento superficiale, ma profondo: è un sentirsi conosciuti profondamente, amati per ciò che ci è. È Gesù che cambiandogli il nome, svela a Pietro la sua identità più profonda, la sua vocazione: così ognuno di noi ha una missione da compiere, una vocazione, che è la sua identità più profonda, la verità della sua relazione con Dio. Non si tratta di capire solo che cosa fare (geometra, contadino, infermiera...) ma chi sono davvero. La vita non è tutta da inventare, ma da scoprire: siamo amati, pensati, desiderati per una missione d'amore ben precisa: e Dio ci ha equipaggiato dei giusti talenti per compierla. Se vogliamo sbocciare ed essere davvero felici, è la volontà del Signore che dobbiamo cercare; è la relazione con lui che ci rivela chi siamo. Tanti giovani cristiani purtroppo commettono un grande errore: non si pongono la domanda: ma Dio che cosa vuole da me? Chi sono davvero? Qual è la mia missione? Matrimonio o vita consacrata? Spesso nemmeno le famiglie li invogliano a questo, per paura di perderli, o ignorando che Dio abbia un progetto su di loro e che voglia parlare proprio al loro cuore. Oppure alcuni giovani si chiedono che cosa Dio possa volere da loro, ma poi lasciano perdere questa preziosa ispirazione dello Spirito Santo, non dandole seguito (parlandone magari con un consacrato, iniziando un cammino di discernimento). Tirano dritto, dando tutto per scontato e poi, quante volte finiscono per vivere da frustrati. Gesù oggi ci invita a guardarci dentro, a lasciarci guardare da lui, a farci aiutare per far esperienza di lui, per capire davvero chi sia lui e chi siamo noi, per sbocciare secondo verità ed essere felici ora e per l'eternità. |