Omelia (21-01-2018)
don Giacomo Falco Brini
Se mi raggiunge il tuo sguardo

Ero diventato sacerdote da un paio di anni, vivevo a Quartu S.Elena, periferia di Cagliari. Un giorno mi recai al grande ospedale cittadino "Brotzu" per far visita a un uomo che stava combattendo contro il cancro. Non appena varcai la porta del reparto di oncologia, incrociai gli occhi piuttosto spenti di una infermiera ferma nel corridoio, con una cartella clinica tra le mani. Al vedermi, cambiò di aspetto ed esclamò subito a gran voce: "venga, venga padre, entri pure e ci porti qualche bella notizia, perché qui dentro di solito ne girano solo cattive..." Ricordo che quella donna risvegliò in me la coscienza di essere stato chiamato a portare agli uomini il Vangelo, cioè di essere qualcuno che comunica buone notizie, qualcuno che porta una grande speranza laddove l'essere umano non spera più.

Secondo Marco, quando Gesù cominciò il suo ministero pubblico, annunciava sostanzialmente 3 cose:

1) Il tempo è compiuto: la traduzione più corretta dice "è giunto il momento". Cioè: è finita l'attesa, non c'è più tempo da perdere o per indugiare; siamo nella pienezza del tempo, quindi ogni giorno, in ogni singolo istante che trascorre, si gioca il tutto della nostra vita. Qui ed ora, nel presente che viviamo, c'è da prendere una decisione. Perché?

2) Il regno di Dio è qui: perché è giunto il Regno di Dio, il momento decisivo della storia, che è la stessa persona di Gesù con il suo messaggio per ogni uomo. Leggendo, meditando e ri-meditando la storia di Gesù narrata dai vangeli, conosco cos'è il Regno di Dio e come si entra a farne parte.

3) Convertitevi e credete al vangelo: è l'invito consequenziale all'importanza di quanto è annunciato ai punti 1 e 2. Se davvero credo che il mio presente è denso di una Presenza che viene da un altro mondo, se credo che la storia di Dio con noi continua e si dirige verso un destino eterno dove siamo chiamati a vivere, allora bisogna far cambiare direzione al cuore, agli occhi e ai piedi. La conversione non è dunque, prima di tutto, un cambiamento morale della mia persona. E' rivolgermi a Lui e credere alle sue parole, ovvero andargli dietro per stare dove Lui sta, per camminare dove Lui cammina, per amare ciò che Lui ama, per costruire una relazione di personale amicizia facendo di Lui il centro della mia vita. Il cambiamento morale è solo una conseguenza di questa relazione.

La conversione è dunque frutto di un'attrazione. Che le cose stiano così lo vediamo chiaramente nella seconda parte del vangelo (Mc 1,16-20). Marco ci offre una narrazione scarna della chiamata dei primi discepoli. Proprio per questo è lasciato all'immaginazione del lettore, messa al servizio dello Spirito, arricchire questo evento per comprenderne il dinamismo. Cosa può aver indotto Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni a rispondere all'invito di Gesù così prontamente? Avranno compreso subito cosa significasse per loro quella proposta di diventare pescatori di uomini? Mi sono soffermato a lungo, nel pregare questo testo, sul fatto che tutto parte dallo sguardo del Signore mentre cammina in ricerca: passando lungo il mare di Galilea, Gesù vide Simone e Andrea...vide Giacomo e Giovanni suo fratello... Mi è parso di cogliere in modo nuovo cosa significhi per il cuore dell'uomo sentirsi amato. Naturalmente, lo dico anche per esperienza personale. Che cosa infatti può far sentire amato un essere umano se non un paio di occhi addosso e una voce che lo chiami per nome?

Più cammini guardando avanti nella vita, più puoi rileggere il passato. Non mi sarei mai sognato di essere chiamato al sacerdozio. Ma se dovessi dire quale sia stato il momento esatto in cui ho avvertito che qualcosa di non ben definito stava per portare una novità nella mia vita, è stato quando una sera, al termine di una eucarestia celebrata chiedendo a Dio la guarigione per un carissimo amico ammalato, mi è nato il desiderio di parlare con quel prete sconosciuto che aveva presieduto la messa. Al termine di questa, mi misi in fila aspettando il mio turno, perché altre persone lo avevano raggiunto per salutarlo. Quando giunse il mio momento, P. Michele si rivolse a me stringendomi la mano e mi disse: "ciao! Come ti chiami?" - "Giacomo" - risposi - e lui subito replicò: "Giacomo! E' una gioia per me fare la tua conoscenza!" Poi mi intrattenni con lui per fargli alcune domande. Mi guardava come se in quel momento fossi l'unica persona presente in sala, malgrado ce ne fossero tante. Mi rispondeva con una voce calma e calda. Alla fine mi feci dare il suo indirizzo per scrivergli. Quella sera, per la prima volta, la figura d'uomo del sacerdote mi incuriosì. Prima era per me soltanto un uomo a dir poco insignificante. Avevo 21 anni e ripresi pian piano a frequentare la chiesa e i sacramenti da tempo abbandonati. Cominciai a tenere un fitto epistolario con P. Michele che rispondeva sempre pazientemente alle mie domande. E, quasi senza accorgermene, poco a poco, il fascino di Gesù Cristo prese il sopravvento.

In Gesù posso vedere come Dio mi guarda. Per questo quei quattro pescatori (e poi tanti altri dopo di loro) rimasero per sempre sedotti. Vedere come Dio mi guarda è scoprire chi sono, qual è la mia più profonda verità (cfr. Is 43,4 e Sal 138,14). Per la Bibbia la felicità dell'uomo dipende dal farsi trovare da questo sguardo, non come fece Adamo che si sottrasse ad esso nascondendosi tra gli alberi del giardino (Gn 3,8). E tu che mi hai letto fino ad ora, volevo chiederti: ti sei mai visto dentro gli occhi di Gesù?