Omelia (21-01-2018)
don Luciano Cantini
Il tempo è compiuto

Nella Galilea

Gesù andò nella Galilea, da lì inizia la sua predicazione, in una terra di confine, incrocio di popoli, alla periferia di Israele lontano dai poteri religiosi, ai margini dell'impero in cui Roma esercitava il dominio economico, politico e militare. Nella insignificanza di una periferia umana, come in ogni periferia Dio si manifesta nella storia degli uomini per portare a loro la "buona Notizia". Non entra nelle stanze dei bottoni dove si decidono le sorti del mondo, non sfiora l'agitazione delle "borse" capaci di movimentare le finanze, neppure si lascia coinvolgere dai riti e dai fumi d'incenso del Tempio. La storia di Dio si compie tra la gente semplice, quella che non conta, i cui nomi non vanno sui giornali ma porta su di sé la fatica della storia umana nella quotidianità del lavoro, nella dinamica delle relazioni. La vita che a noi sembra banale, a volte lontana dalla religione e da Dio è invece il luogo che Dio predilige per annunciare il suo Vangelo. Nessuno è troppo lontano da Dio da non essere toccato dal suo amore.


Il tempo è compiuto

Che significa che il tempo è compiuto? Quando diciamo che una cosa è compiuta intendiamo che è terminata, è finita, non c'è altro da fare. Ma come possiamo intenderlo per il tempo che ancora scorre con le mille cose che abbiamo fatto ma con altrettante che rimangono da fare. La storia manifesta le sue inquietudini: popoli che si combattono, gente che trasmigra, la miseria e la fame convivono con la ricchezza e l'opulenza, gli uomini sono in continua ricerca di qualcosa senza neppure aver chiaro cosa stia cercando davvero; anche la Terra manifesta instabilità: i cambiamenti climatici, i movimenti tellurici, i continenti che si allontanano e si avvicinano, l'acqua che scroscia, il vento che sgretola; nulla dà il senso del finito, del compimento.

Il tempo di cui parliamo di solito, quello in cui siamo immersi e di cui facciamo esperienza è il chronos che segna il susseguirsi degli avvenimenti; Gesù però parla del kairos, il tempo di Dio, il momento in cui si manifesta l'azione di Dio, non è il tempo che scorre ma quello che ci interpella, non si misura in ore e giorni che passano ma nella efficacia di ciò che porta, non si manifesta quantitativamente ma nella qualità del suo dono. È un tempo nascosto che difficilmente si scorge, è l'attimo fuggente che non siamo capaci a cogliere. Siamo così immersi nel susseguirsi delle cose che ci sfugge quella pienezza dei tempi di cui parla il vangelo: ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna (Gal 4,4); ciò che sfugge all'uomo non sfugge a Dio; quando lui ha deciso Dio è entrato nella storia degli uomini, non era necessario che noi fossimo capaci di accoglierlo, è stato necessario che fosse pronto lui a manifestare il suo amore per noi. Cristo ha vissuto su questa terra come uomo per renderci capaci di diventare Figlio di Dio, da allora non ha mai cessato di essere l'Emmanuele, il Dio con noi. Il tempo è compiuto, non c'è altro da attendere.


Il regno di Dio è vicino

C'è da domandarsi dove sia Dio nella nostra vita, o peggio nella nostra storia che sembra essere così lontana dagli ideali religiosi. Negli anni sessanta si è arrivati a teorizzare la "morte di Dio" sostenendo che la cultura secolare moderna aveva perso tutto il senso del sacro, di ogni significato sacramentale, e non comprende la tensione trascendentale o senso della Provvidenza. L'olocausto era stata la manifestazione evidente della morte di Dio nel cuore dell'uomo.

Eppure Gesù ha annunciato che il regno di Dio è vicino, si è fatto prossimo all'uomo, alla sua storia, alle sue dimenticanze, alle sue cattiverie. Non c'è da inerpicarsi nei sentieri impervi della ascetica, né districarsi nei labirinti dei pensieri teologici, Dio è talmente vicino all'uomo che è riconoscibile nelle pieghe di una vita che è troppo normale da sembrare banale. Nella fatica quotidiana per guadagnarsi onestamente di che vivere, nella serenità dei tempi di svago, nel bisogno di amare e di donare amore.

Gesù Cristo ci ha portato la salvezza nel Regno che è già in mezzo a noi, che già opera nella nostra vita, senza che noi ce ne avvediamo.

Intendiamo annunciare che Dio non è lontano, che nessuno è orfano in questo angosciato tempo, che non siamo vagabondi senza meta, che la solitudine non è il nostro destino, che l'ingiustizia non è l'ultima parola, perché tutti abbiamo una casa che ci aspetta. Questa casa, più che un luogo, è un cuore, il cuore di Cristo. (card. Bagnasco 15 settembre 2016)