Omelia (28-01-2018)
Carla Sprinzeles
Commento su Dt 18,15-20; Mc 1,21-28

"Parole, parole, parole..." ricordate la canzone di Mina? Ecco oggi dai testi ho evidenziato che non è facile districarsi nella massa di parole che ci investono quotidianamente e che noi stessi produciamo in notevole abbondanza! Speriamo di non essere anch'io tra questi, almeno nella trasmissione! Il linguaggio è esattamente il modo in cui le persone mettono fuori quello che hanno dentro. E' il luogo in cui il nostro interno può incontrare chi sta all'esterno e viceversa: è uno strumento di relazione. E' difficile trovare la misura delle parole, il modo, la fiducia, l'interlocutore per poter mettere fuori quello che si ha dentro. Io ho trovato voi come interlocutori, non vi vedo, ma so che ci siete! Grazie! Cosa c'entra tutto questo?

In greco il termine "dabar", indica insieme parola e azione, quindi gli ebrei pensavano che la Parola creatrice, la forza della vita, poteva acquistare forma efficace attraverso uomini fedeli. Di Gesù si dice che "parla con autorità, non come gli scribi", perché era sintonizzato con la forza di Dio, con la sua Parola da trasmetterla, da comunicarla in modo efficace.


DEUTERONOMIO 18, 15-20

La prima lettura è tratta da Deuteronomio, l'ultimo libro del Pentateuco (I primi cinque del 1° testamento). Mosè è il primo grande profeta, parla a nome di un altro: pro- al posto di - phemi- parlare. Quando il popolo di Dio diventa numeroso Mosè preannuncia la venuta di un profeta al quale dice"darete ascolto" anche qui, dice bene il piemontese col termine "ascolta", che vuol dire, obbedisci per il tuo bene! Il profeta è un dono del Signore ed è la risposta a quanto il popolo ha chiesto a Dio sull'Oreb, quando si sono spaventati dei tuoni e lampi con cui è stata associata la voce del Signore:"Che io non oda più la voce del Signore e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia". La presenza di Dio fa paura. In Esodo si dice che Mosè vide Dio "faccia a faccia" Dio non ha volto, ma Mosè è entrato in una relazione intima con Dio, parlavano come uno parla col suo amico.

Di fronte a un assoluto sembra che la nostra vita non abbia più senso, ma se pensiamo che è Dio ad aver creato le cose e le fa sussistere, Dio entra nella nostra storia. La profezia è il manifestarsi del senso delle cose che facciamo e di un senso che viene da Dio. Ogni uomo-profeta è legato alla sua cultura, alla sua storia, ognuno di noi, se è attento ad ascoltare la Parola può essere profeta, ognuno ha la responsabilità di esserlo nel suo piccolo, ma l'unico vero profeta è Gesù Cristo. L'unico che ci può dare il punto di vista di Dio. La buona notizia è che dentro abbiamo un fratello che ha preso il Premio Nobel, un fratello coraggioso, forte, con le idee chiare io non lo so, ma lui c'è.

Tra noi e Dio c'è una differenza radicale. In Dio non c'è differenza tra il dire e il fare. Suo Figlio, che è la sua Parola è esattamente lui, non un Dio diverso! Come si può diventare un po' più simili a Dio in questo? Non possiamo aumentare le nostre capacità nel fare, possiamo però controllare la nostra capacità nel dire. Come fare? Innanzitutto essendo sempre più presenti a noi stessi. Vivere la vita nell'attimo presente non nei nostri pensieri, che sovente ci ingannano. E poi cerchiamo di essere veri il più possibile per scoprire quello che è la realtà, dire agli altri e a me stesso la relatività di quello che sono, che faccio, che so di me. E' solo Dio che può dire:"Io sono dalla tua parte, io posso tutto, farei qualsiasi cosa per te! Noi siamo ambigui e quindi il profeta non può parlare in suo nome. Non può dire:"Dio lo vuole" non si può imprigionare Dio nelle nostre parole. La realtà di Dio è dentro la trama della vita. Come il sangue circola nelle arterie, la parola profetica del Signore circola nella trama della vita. Non so se sono riuscita a comunicare quello che ho nel cuore, ma sintetizzando, voglio dirvi di parlare meno con parole ma far parlare la vostra vita, o se dobbiamo parlare, rimaniamo attaccati alla trama della vita, per non dire parole vuote, perché è nella vita che circola lo Spirito di Dio. E poi non nascondiamoci dietro la scusa: avrei voluto, ma la vita, il lavoro, la famiglia, me lo impediscono; vorrei tanto, ma non ho tempo, non posso, non so essere profeta! Occorre fermarsi ed ascoltare. Dare importanza a trovare il senso di ciò che facciamo e avere l'orecchio del cuore attento al fratello con le idee chiare che è dentro di noi! Ognuno deve trovare con piccoli allenamenti i suoi ritmi per un pacato ascolto e dialogo con la Parola di Dio. Infine occorre essere veri, mettere l'anima a disposizione. Ma non parliamo a vanvera, con la presunzione di dire in nome di Dio quello che pensiamo noi.


MARCO 1, 21-28

Proseguiamo con il Vangelo di Marco; nel giorno festivo, il sabato, nella sinagoga, Gesù insegnava. Non dice cosa insegnava, ma si dice l'effetto che produce. Gli ascoltatori sono colpiti dalla diversità con cui il Maestro di Nazareth parla: "come uno che ha autorità". E' una parola potente, creatrice, che suscita ammirazione. E' una parola autorevole, che provoca la guarigione, si arriva a una parola che sprigiona interrogativi sulla sua persona e che fa lievitare immediatamente la popolarità. Dopo la chiamata dei primi discepoli, Gesù inizia la vita in mezzo alla gente. Ed è subito successo. La scena è ambientata a Cafarnao, città scelta come campo base per la prima parte della sua attività apostolica. Perché non si dice cosa insegnava? Perché Gesù è da seguire come persona, il suo insegnamento non sono parole, è la sua stessa persona, da accogliere e da seguire.

Ed ecco nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro. Inizia a guarire dentro la sinagoga. Qual'era la forza che permetteva a Gesù di liberare le persone dagli "spiriti immondi"? Era l'attendibilità delle sue parole, la negatività si vince con la verità. E' quando Gesù inizia a parlare che il demonio si manifesta. Quando la vita diventa troppo difficile, troppo dolorosa, la persona trova delle vie strane, spesso patologiche, per soffrire meno, ma che non vanno nel senso della vita. Non è evidentemente nel potere della persona che sta male fare diversamente, ma se incontra qualcuno che la sa ascoltare, che conosce i meandri dell'inconscio e soprattutto crede nella forza liberatrice della verità, può ripercorrere il suo itinerario per trovare una via di uscita diversa.

Occorre essere semplici, passare dal vittimismo alla presa di responsabilità della propria vita. Cedere al vittimismo è apparentemente più facile, ma porta alla disperazione e alla sottomissione, che fa abdicare la propria dignità e rifiutare la vera relazione. L'amore per l'altro spinge a perdonare i suoi limiti. Gesù insegnava e rivelava il senso della vita, rivelava il Padre, il sommo Bene, invitava alla fiducia. Quando si accorgeva che una persona stava male, gli parlava, entrava in relazione con lei. Faceva tacere la sua negatività e la indirizzava verso la fede nel bene più forte del male. Nella sua concisione, Marco non si dilunga a descrivere la mansuetudine, lo sguardo di rispetto e d'amore su chi soffre, l'assenza di giudizio e l'ascolto premuroso che il Maestro dimostrava sempre. Per indurre una persona a compiere un cammino di verità, bisogna avviare una relazione di grande fiducia nella sua possibilità di guarirsi, di fare verità, di scegliere la liberazione. Il Risorto ha lasciato ai suoi, a noi, il compito di continuare la sua missione per poter dire, come lui:"La tua fede ti ha salvato", non le mie competenze. E' la fede di ogni persona malata l'artefice della guarigione. Ognuno di noi in qualche modo è malato e ognuno di noi, solo se cerca di essere vero, umile e ricco di amore può guarire.

Normalmente cerchiamo di imprigionare Gesù e le sue idee, perché sono contrarie alle nostre, le persone che Gesù mette al primo posto sono i poveri, i miti, i perseguitati, gli assetati di giustizia, questo Gesù è scomodo e se siamo sinceri molti diciamo in segreto:"Sei venuto a rovinarci!" Anche le persone che si dicono credenti, molte volte si sono costruiti una fede a loro misura e ne sono molto convinti! Prima di guardarci intorno, prima di vedere i limiti degli altri, prima di distinguere i devoti dai pagani, guardiamoci dentro. L'indemoniato vive una fede fatta di nozioni, sa bene chi è Gesù:"tu sei il santo di Dio!", ma vede la fede come un rischio, sa che Dio è un concorrente: se Gesù c'è, lui è rovinato. E' eresia tenere la vita distaccata dalla fede, credere che la fede sia sapere nozioni o fare devozioni per tenere Dio buono al suo posto! Infine, perché Gesù lo fa tacere? Non deve propagandare l'identità di Gesù? Capire chi sia veramente Gesù è una lunga e faticosa conquista che viene dal frequentarlo nella Parola e dall'accogliere il suo messaggio nella vita quotidiana! "Esci da lui"! La presenza di Satana schiavizza, la presenza di Gesù "ri-crea" permettendo all'uomo di ritrovare se stesso e la sua unione con Dio.


Amici, nel frastuono di tante parole, sintonizziamoci sulla Parola di vita eterna. Preoccupiamoci di portare avanti la creazione del regno di Dio. "pre-occupare" significa mettere al primo posto, invece della moglie, dei familiari, del lavoro, della carriera, e non avere più tempo per Dio! Occupiamoci delle cose presenti, facciamo, uniti allo Spirito, le cose di tutti i giorni e anteponiamo l'ascolto dello Spirito che ci ha creati!

Facciamolo insieme, l'unione fa la forza!