Omelia (28-01-2018) |
mons. Roberto Brunelli |
Una persona si conosce guardandola all'opera
Il modo migliore di conoscere una persona è quello di guardarla all'opera, e anche i vangeli seguono questo criterio. Per far conoscere Gesù di Nazaret essi non espongono complessi trattati teologici, ma narrano quanto egli ha detto e ha fatto. Il brano di oggi (Marco 1,21-28) racconta un episodio, dal quale emergono di lui due tratti fondamentali. Agli inizi della sua vita pubblica, lasciato il modestissimo villaggio di Nazareth (il vangelo lo chiama per questo Nazareno) dove sino allora era vissuto "in incognito", egli si era trasferito nella vicina città di Cafarnao e un sabato, come tutti i buoni ebrei, si recò nella sinagoga, dove la comunità si raccoglieva per ascoltare la lettura della Parola di Dio e le spiegazioni che ne davano gli esperti in materia, gli scribi. Anche lui prese la parola, suscitando ben presto la sorpresa dei presenti. Scrive l'evangelista: "Erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi". Questi ultimi erano soliti ripetere quanto a loro volta avevano imparato, senza permettersi di introdurre novità nella tradizione; Gesù invece si presentava con autorità, non rifacendosi a precedenti maestri ma ponendosi lui stesso come maestro. Nessuno scriba osava tanto: di qui la sorpresa, forse lo sconcerto, di chi lo ascoltava. Più avanti i vangeli riportano esempi dei suoi insegnamenti nuovi, introdotti con la formula "Vi è stato detto... Ma io vi dico...": un atteggiamento inaudito, "scandaloso" per chi era abituato a considerare la tradizione come intangibile, quasi fosse essa stessa Parola di Dio. E devono aver faticato non poco a comprendere che l'insegnamento di Gesù non alterava la Parola, ma ne dava il significato autentico. Tornando all'episodio di Cafarnao, subito dopo Gesù ha dimostrato di avere quell'autorità, facendo quello che nessuno scriba era in grado di fare. "Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: 'Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!' E Gesù gli ordinò severamente: 'Taci! Esci da lui!' E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui". Le conoscenze scientifiche dell'epoca non consentivano di riconoscere come malattie i disturbi psicofisici; chi ne era affetto si credeva che fosse posseduto da un demonio (lo spirito impuro, o spirito immondo). In ogni modo Gesù guarì all'istante lo sventurato che inveiva contro di lui, dimostrando così di volere il bene degli uomini e, nel caso, di avere il potere di farlo: un potere superiore, che dava autorevolezza anche ai suoi insegnamenti. Di qui lo stupore degli astanti, intimoriti da tanta potenza: "Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: 'Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!'" Nei vangeli si trovano tanti altri episodi di Gesù che guarisce veri o presunti indemoniati, e se ne comprende il senso alla luce della sua morte e risurrezione: egli è venuto primariamente per liberare l'uomo dal male morale, dalla soggezione alle oscure forze che lo inducono ad agire contro coscienza, cioè in modi che l'uomo stesso sa essere sbagliati. Allo scopo, fondamentale è il suo insegnamento, la sua autorevole Parola, che illumina, guida, incoraggia, supplisce alle nostre scarse capacità di comprensione, amplia gli orizzonti, indica quello che ci conviene davvero. L'uomo prudente e saggio non si fida del proprio giudizio, specie sapendo di poter contare su una guida sicura. La vita è come un viaggio in zone inesplorate (chi può dire quel che accadrà domani?): quale fortuna, poter contare su una mappa che segnala i burroni e le vette invalicabili, e traccia la via lungo la quale procedere. Una via magari stretta, non sempre facile, ma l'unica che porta alla meta. |