Omelia (28-01-2018) |
Agenzia SIR |
Commento su Marco 1,21-28 Il duro rimprovero di Gesù non è verso l'uomo, ma si rovescia contro lo spirito immondo che lo possiede e che digrigna contro il Nazareno, il santo di Dio. Per questo Gesù non rimprovera l'uomo, ma lo spirito corrotto che lo abita. Il male è il grande problema ed è difficile distinguerlo dall'uomo, separare il peccato dal peccatore. Le persone presenti nella Sinagoga, finché non entra Gesù, non sanno che l'uomo è posseduto, né chi sia Gesù; invece lo spirito impuro lo sa e glielo grida contro. A dominare la scena è Gesù e il suo insegnamento (chi Lui è, non tanto quello che fa), non lo strepito di un uomo posseduto da un demonio. È significativo che la liberazione dell'uomo avvenga in una sinagoga. Il popolo dell'antica alleanza conosceva certamente il mistero del male e la sua prepotenza che imprigiona la vita. Solo Dio può liberare da una schiavitù di fronte alla quale l'uomo è debole e vinto, incapace di affrancarsene; è il mistero del male, al quale è connesso il potere della morte. Israele già ha conosciuto la forza liberatrice di Dio, ma ora giunge la rivelazione della potenza divina capace di liberare l'uomo dal male: è l'incontro vincitore del Signore con il dramma della storia umana. Dopo il battesimo e la proclamazione della sua persona di Figlio di Dio, Gesù è spinto dallo Spirito nel deserto per sperimentare la tentazione. Anche ora, i primi discepoli, sono coinvolti nello scontro con il mistero e la potenza del male. Qui mistero sta a dire una realtà che umanamente non si può comprendere, possedere e dominare. Il Male è più grande dell'uomo ed è mistero in questo senso. La presenza del Figlio di Dio lo svela, lo risolve, lo domina, imponendogli il silenzio e la cacciata, perché tra Lui e il male c'è estraneità e inimicizia totale: Dio non c'entra col male! La reazione della gente - il timore e le tante domande - conferma la consapevolezza che il male non è solo conseguenza della cattiveria, ma è mistero negativo che imprigiona, mentre Gesù ne è il grande liberatore. Da qui lo stupore, la meraviglia, lo spavento e la fama di Lui. Dal punto di vista teoretico è ancora senza risposta il famoso quadrilemma attribuito a Epicuro: Dio o vuol togliere il male e non può; o può e non vuole; o non vuole e non può; o vuole e può. Se vuole e non può, è debole; se può e non vuole, è malvagio; se non vuole e non può, è malvagio e debole; se vuole e può, come si addice a Dio, perché esiste il male? Ciò che in se stesso è negativo e senza senso, Dio lo riempie del più alto significato e valore. Nella situazione del più grande male fa crescere il più grande bene. L'atroce passione, fisica e spirituale, di Gesù diventa il luogo della carità più sublime e più universale, del dono totale di sé al Padre e agli uomini. Il supplizio terribile diventa la croce gloriosa. La scena nella sinagoga è solo l'inizio. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |