Omelia (28-01-2018) |
dom Luigi Gioia |
La voce che parla al cuore La prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio, promette un nuovo profeta: Mosè parlò al popolo dicendo: Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me (Dt 18,15). Il Signore promette la venuta di una persona nella cui voce si può riconoscere quella di Dio. In quasi tutte le religioni esistono figure di questo tipo. Normalmente sono i sacerdoti che fungono da mediatori, sono consultati come oracoli - il loro ruolo è di interpretare gli eventi della storia o della vita delle persone in nome della divinità. Ora, la novità del cristianesimo è quella che questa figura del sacerdote, del mediatore, scompare. Nel cristianesimo non ci sono più persone che hanno il monopolio del sacro, intermediari senza i quali non è possibile avere accesso a Dio. Secondo il Nuovo Testamento, infatti, vi è un solo mediatore, un solo sacerdote tra il cielo e la terra: Cristo Gesù. Abbiamo sentito nella lettura del Deuteronomio: Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me (Dt 18,15), un nuovo Mosè. E infatti nei vangeli dell'infanzia Gesù appare con i tratti del nuovo Mosè: come quest'ultimo fu salvato dall'ira del faraone così Gesù fu sottratto ad Erode. Oppure come Mosè trasmise i dieci comandamenti, così Gesù dà la legge nuova delle beatitudini nel discorso sulla montagna. Gesù è il nuovo Mosè, il nuovo profeta che annunciava il libro del Deuteronomio. Di questo profeta si dice: A lui darete ascolto (Dt 18,15). Mosè non è ascoltato. Nel Deuteronomio e nell'Esodo la voce di Mosè è sempre contestata. Invece Dio afferma che a lui (al messia, cioè à Gesù) darete ascolto (Dt 18,15). Questa promessa trova il suo compimento nel Vangelo di oggi quando si dice che coloro che ascoltavano Gesù erano stupiti del suo insegnamento, perché egli insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi. Il vangelo si conclude dicendo: Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità (Mc 1,27). Gesù parla con un'autorità che è autentica perché possiede due caratteristiche fondamentali. Prima di tutto appartiene a colui che è nostro creatore e quindi non è esteriore a noi. Essere il nostro creatore vuol dire - come lo ha espresso ammirevolmente Agostino - che Dio è più intimo a noi di noi stessi. E poi è l'autorità di colui che ci ha salvato, ci ha redento, ha dato la vita per noi. Come dice Paolo: Cristo mi ha amato e ha dato la sua vita per me (Gal 2,20). Chi mi ama, chi dà la vita per me acquista nella mia vita un peso, un'autorità particolari - anche in questo caso non esteriori, formali, ma la cui portata deriva dalla relazione privilegiata che il dono di sé ha creato nei nostri riguardi. Come dice appunto Paolo: Proprio perché Cristo mi ha amato e ha dato la sua vita per me, non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me (Gal 2,20). Per questo diamo ascolto a Gesù. E' questo che vuol dire il Vangelo quando afferma che Gesù parlava come uno che ha autorità (Mc 1,22). La sua parola colpiva in un modo assolutamente nuovo, penetrava nel cuore di coloro che lo ascoltavano, proprio come lo profetizzava il libro del Deuteronomio: A lui darete ascolto (Dt 18,15). Risorto, il Signore è presente non solo al di fuori di noi, ma in noi, per mezzo del dono dello Spirito Santo. La sua è una voce che istruisce nel cuore. Questo ultimo tratto è ribadito da un passaggio della prima lettera di Giovanni: L'unzione che avete ricevuto, il dono dello Spirito Santo, rimane in voi e non avete bisogno che alcuno più vi istruisca dall'esterno, perché la sua unzione - la presenza dello Spirito Santo - vi insegna ogni cosa nel vostro cuore ed è veritiera, non mente, così voi rimanete in lui, come essa (questa unzione, questa presenza dello Spirito Santo) vi ha istruito (1 GV 2,27). In questo senso, se da una parte non ci sono più mediatori né sacerdoti come nelle altre religioni o nell'Antico Testamento, d'altra parte tutti i cristiani sono profeti e sono sacerdoti - non hanno più bisogno di mediazione perché hanno in loro lo Spirito, hanno l'unzione nel proprio cuore. Ogni cristiano è figlio di Dio, perché unito al Figlio, e può chiamare Dio Padre, perché ha nel suo cuore lo Spirito Santo. Ha - come dice la lettera agli Ebrei - diretto accesso al trono del Padre (Eb 4,16) e non ha più bisogno di nessuno che lo istruisca. Questo non vuol dire che non ci sia più bisogno di pastori, di insegnanti e di ministri. Gesù stesso ha designato delle persone per parlare e agire in suo nome - l'istituzione dei dodici apostoli attestata dai vangeli. Questi apostoli sono mandati a proclamare la buona novella, a battezzare e a spezzare il pane in memoria di Gesù, e trasmettono questo dono per mezzo dell'imposizione delle mani. A questi inviati - "apostoli" vuol dire appunto "inviati" - che il Nuovo Testamento chiama presbiteri o anziani ma mai sacerdoti (proprio per distinguerli dai sacerdoti delle altre religioni e dell'Antico Testamento), il Signore dice: Io sono con voi fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Gesù, solo vero profeta, resta presente, e senza la sua azione il ministero di coloro che lui stesso invia non porterebbe nessun frutto. Senza di me - dice Gesù - non potete fare nulla (Gv 15,5). E poi raccomanda loro: restate uniti a me come i tralci alla vite (Gv 15,4). Gli inviati dunque annunciano la Parola, che però talvolta è udita e altre volte no, a volte converte i cuori e altre volte lascia indifferenti. Non basta ripetere le parole contenute nei vangeli, essere stati ordinati presbiteri, aver ricevuto un ministero nella chiesa perché l'annuncio sia efficace. L'annuncio della Parola è efficace, agisce, è vivo, lo si ascolta, solo quando nella parola del ministro si sente la voce del solo vero profeta che è Cristo, solo quando si riconosce la voce di Cristo, la sola che abbia autorità. Quante prediche ascoltiamo. Perché alcune ci colpiscono ed altre no? Quante voci sentiamo nella chiesa. Perché alcune parlano al nostro cuore ed altre no? Parlano al nostro cuore solo le voci nelle quali il nostro cuore riconosce la voce di Cristo. E da cosa riconosciamo la voce di Cristo? Proprio dal fatto che essa ci svela a noi stessi, ci fa prendere coscienza del nostro peccato con dolcezza, ci risveglia, a volte ci scuote, ma sempre al tempo stesso sempre consolandoci, confortandoci e accendendo speranza e amore nel nostro cuore. Questa è l'autorità autentica della Parola: la sua capacità di farci aderire al Padre, di farcelo amare sempre di più, dal di dentro. Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Educati alla fiducia. Omelie sui vangeli domenicali. Anno B" ed. Dehoniane. Clicca qui |