Omelia (00-00-0000) |
dom Luigi Gioia |
Una urgenza inedita La liturgia ci fa ascoltare oggi la prima parola pronunciata da Gesù nel vangelo di Marco: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo (Mc 1,15). Dobbiamo allora cominciare con il chiederci cosa voglia dire 'convertirsi' e 'credere'. La caratteristica principale del vangelo di Marco è quella di spiegare le cose non tanto attraverso dei concetti o delle idee ma visualmente. Ci fa capire quello che Gesù insegna o richiede attraverso immagini, azioni, gesti. Ed infatti, subito dopo aver invitato alla conversione e alla fede, vediamo Gesù camminare lungo il mare di Galilea, dirigersi verso Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni e intimare loro: Venite dietro a me (Mc 1,17). Ed essi, abbandonando immediatamente quello che stavano facendo, lo seguono. Attraverso queste azioni ci è dunque mostrato visualmente che 'convertirsi' e 'credere in Dio' vuol dire 'andare dietro a Gesù'. Gesù è sempre in movimento, in cammino verso una direzione precisa, verso Gerusalemme, verso quello che deve succedergli e che profetizza per tre volte: la passione e la morte sulla croce. Ma il suo itinerario non finisce a Gerusalemme sulla croce. La croce non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza, non è un muro, un vicolo cieco, ma è una scala che congiunge la terra al cielo. Attraverso la croce, il lungo itinerario attraverso il quale Gesù ha condotto i suoi discepoli al suo seguito durante la sua vita terrena giunge alla vera destinazione, che è il Padre. Questa è la conversione, questa è la fede: aderire a Gesù, lasciarci condurre da lui nel cammino di ritorno alla casa del Padre. E' interessante notare che la prima volta nella quale Gesù ci invita alla fede non ci dica in cosa dobbiamo credere, non ci chiede di credere nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo, nella chiesa, nella comunione dei santi, nella resurrezione dei morti. Tutto questo ce lo spiegherà progressivamente durante il cammino. Credere non è prima di tutto consentire ad un contenuto, ma entrare in una relazione, aderire a Gesù. Credere è sentire Gesù che dice a noi, come a Pietro, ad Andrea, a Giacomo e Giovanni: Venite dietro a me (Mc 1,17), restate con me. In questa chiamata di Gesù c'è poi un'altra nota importante da cogliere: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino (Mc 1,15). Di fronte ad un invito alla conversione, siamo tutti tentati di chiederci se ne abbiamo davvero bisogno, se è veramente necessario cambiare la nostra vita. Siamo tutti più o meno convinti di non fare del male a nessuno, di cercare di vivere onestamente la nostra vita, di fare quello che possiamo. Da cosa abbiamo dunque bisogno di convertirci? Lo stesso valeva per i primi discepoli che Gesù ha chiamato. Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, questi modesti pescatori che Gesù ha invitato alla conversione, a credere a lui, a seguirlo, non stavano facendo nulla di male. Erano intenti al loro lavoro, stavano riassettando le loro reti, guadagnando il pane per le loro famiglie. La conversione quindi non vuol dire necessariamente passare dal male al bene, ma implica prima di tutto in una presa di coscienza, quella cioè che i tempi sono cambiati. Siamo in una situazione diversa, c'è una urgenza inedita da affrontare. Paolo esprime questa urgenza nella seconda lettura: Il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente (1Cor 7,29-31). Non è un invito all'anarchia, a rompere i legami coniugali e sociali, a vivere solo di aria. Venendo tra di noi e riaprendo la via verso il Padre, Gesù ha trasformato questo mondo da una prigione in un luogo di transizione. E' una di queste stazioni attraverso le quali passiamo per cambiare treno. Non è la nostra destinazione ultima. Certo, se restiamo una notte o un intero giorno in un aeroporto attendendo una coincidenza, mangiamo, dormiamo, ci rilassiamo, prendiamo eventualmente una camera d'albergo. Mai ci verrebbe in mente però ci stabilirci definitivamente lì. Non ci stabiliamo in un aeroporto perché sappiamo che siamo lì solo di passaggio. La presa di coscienza fondamentale alla quale Gesù ci invita è proprio questa: Dio è venuto in mezzo a noi per ricondurci allla nostra vera patria, al solo luogo dove la nostra vita acquista pienezza di senso, dove tutte le nostre vicende umane trovano la loro cifra, la loro chiave, dove ci attendono la pienezza che desideriamo e che nulla in questa vita può veramente darci. Da quando dunque Gesù è venuto, il tempo si è fatto breve, l'aspetto di questo mondo sta passando. Se è necessario convertirci, cioè cambiare il nostro atteggiamento nei confronti di quello che usiamo, non è perché le cose di questo mondo non siano dei beni, non siano legittime. Il cristiano non può non apprezzare tutto in un creato nel quale Dio stesso si compiace quando afferma che era buono (Gen 1,4.10.12.18.21.25.31). Ma questo stesso creato è paragonato ad una partoriente, geme nelle doglie del parto (Rm 8,22), è sulla via di una trasfigurazione in cieli nuovi e terra nuova (Is 65,17). Nei confronti dunque di un mondo che sta cambiando, che è in transito verso una pienezza futura, siamo invitati a restare anche noi in movimento, come lo fa Gesù, che è sempre in cammino. C'è dunque una corrispondenza tra la nostra adesione a Gesù (la fede), il nostro seguirlo aderendo a lui (la conversione) e il nostro atteggiamento nei confronti dei beni di questo mondo: nulla deve ostacolarci o appesantirci nel nostro viaggio, tutto deve anzi diventarne parte. Ciò sarà possibile soprattutto se in ogni cosa impareremo a riconoscere un dono del creatore attraverso la 'ri-conoscenza', cioè il ringraziamento, l'azione di grazie, l'eucaristia: "Benedetto sei tu Signore, Dio dell'universo. Dalle tue mani abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra e del lavoro dell'uomo. Li presentiamo a te perché diventino per noi cibo di vita eterna". |