Omelia (28-01-2018) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di padre Gianmarco Paris L'evangelista Marco ci accompagna durante tutto questo anno liturgico. Dopo aver presentato il ministero di Giovanni battista (che abbiamo seguito durante l'avvento e nella domenica del battesimo), e aver introdotto il ministero di Gesù con la chiamata dei primi discepoli, entra a descrivere nel vivo la sua missione. Intanto in molti di noi nasce la consapevolezza che partecipare alla Messa della domenica non è semplicemente compiere un "dovere religioso", ma l'opportunità "per stare con Gesù", proprio come è avvenuto in Palestina con i primi discepoli. Se è così, l'incontro settimanale con una pagina del Vangelo diventa un appuntamento atteso, un'esperienza viva, e il nostro cuore si apre ad un ascolto sempre più largo. Il Vangelo infatti non è una raccolta di idee su Dio o precetti da osservare; è il racconto dell'esperienza che i discepoli hanno fatto con Gesù, i loro ricordi di quanto Gesù ha fatto e ha detto mentre era con loro, come sono usciti dal loro cuore e dalla loro bocca dopo che Gesù è risorto dai morti ed è salito al Padre. È il racconto di come la loro vita è cambiata totalmente dopo aver conosciuto Gesù e vissuto con Lui. Il Vangelo è un invito a fare questa stessa esperienza, cioè diventare suoi discepoli. Si può pretendere questo da un libretto di poche pagine? Di certo Marco lo ha scritto con questo scopo... Percorriamo passo a passo il Vangelo, mettiamoci tra i discepoli, lasciamoci meravigliare, interrogare, provocare. Potremo scoprire ancora una volta cosa Gesù dona e cosa chiede. L'episodio raccontato nel Vangelo di oggi segue immediatamente la chiamata dei primi discepoli e rappresenta in un certo senso la scena inaugurale del ministero di Gesù. Noi vi partecipiamo insieme ai discepoli (faremo sempre così, durante tutto l'anno). Andiamo a Cafarnao, cittadina di una certa importanza per il passaggio di importanti vie di comunicazione nella regione della Galilea, sulla riva nord ovest del lago. Entriamo con Gesù nella sinagoga, il luogo dove di sabato gli ebrei pregano ascoltando la Parola di Dio scritta nella Bibbia. Come era permesso a uomini adulti e ancor di più a chi era riconosciuto come "maestro", Gesù legge e "spiega" la Parola di Dio di quella settimana. Il suo insegnamento suscita una reazione positiva di stupore: sembra proprio che la spiegazione venga da dentro di lui, cioè da una conoscenza diretta e personale di Dio. Chi lo ascolta sente una differenza con il modo con cui lo facevano gli scribi (gli studiosi della Bibbia di quel tempo). A un certo punto un uomo posseduto da uno "spirito impuro" si mette a gridare contro Gesù. Lo riconosce come il "santo di Dio", sa che la sua missione è quella di vincere il male e per questo cerca disperatamente di respingerlo. Gesù non rimane fermo; ordina allo spirito di chiudere la bocca e andarsene da quell'uomo. Egli obbedisce e se ne va, non senza far passare a quell'uomo una vera e propria agonia, dalla quale esce come risorto. Lo stupore di tutti i presenti si trasforma in timore, come quando ti trovi di fronte a qualcosa di mai visto e di più grande di te. Anche perché scoprono che quel gesto di liberazione è collegato con l'insegnamento di poco prima: una grande "autorità" emana dalle parole e dai gesti di Gesù, e la prova provata è che ha liberato un uomo da forze più grandi di tutti che lo tenevano prigioniero. Non è difficile capire come la notizia e la fama di Gesù si siano diffuse molto in fretta e non solo nelle vicinanze. In questo inizio della sua missione Gesù si mostra come ce lo aveva presentato Giovanni, cioè "il più forte", che vince il potere del male. Il modo di rappresentare questo potere è dettato dalla cultura e mentalità di quel tempo (molto diverse dalle nostre, per cui non è possibile cercare delle similitudini). Il messaggio chiaro riguarda l'autorità di Gesù, la sua capacita di parlare di Dio e di renderlo presente a partire da dentro di sé, non per sentito dire da altri, non con teorie astratte. Che il Regno di Dio sia vicino significa che Dio si prende cura di ogni persona, le ridona la sua libertà e bellezza, la rende di nuovo figlio amato. Gesù quel giorno ha fatto capire per che cosa è venuto, per rivelare che Dio vuole i suoi figli liberi dalle schiavitù per poter rispondere all'alleanza con Lui. I presenti, i discepoli e noi con loro, rimaniamo sbalorditi: nel giorno del riposo dedicato a Dio, nella casa della Parola di Dio, abbiamo ascoltato e visto i gesti di un uomo straordinario, che non possiamo dimenticare e che non riusciamo a capire: che cosa è mai questo? Lo scopriremo poco a poco, andandogli dietro, ascoltando le sue parole e guardando cosa fa. Lo spirito impuro sapeva chi era Gesù, ma Gesù gli ha chiuso la bocca. A Gesù non serve quello che sappiamo di Lui: preferisce che gli stiamo vicini, che percepiamo piano piano cosa desidera, a cosa si dedica, cosa gli sta a cuore. Ci stiamo anche per quest'anno? Non sarà la ripetizione di un copione già visto, sarà una scoperta nuova. Intanto abbiamo visto il suo potere sul male: possiamo credere che è vicino a noi e ci vuole persone libere, anche se non lo sentiamo gridare forte contro o demoni che minacciano la nostra libertà. |