Omelia (04-02-2018) |
don Luca Garbinetto |
Gesù, quotidiano medico dell'anima La vita ordinaria di Gesù condivide il ritmo naturale della sua gente. Conosce in prima persona il dolore del popolo, dolore di volti concreti, mai di sistemi astratti. Gesù incontra le persone, entra nelle case, accarezza la sofferenza. Ed è così che, Dio fatto uomo, Figlio incarnato, Egli diviene sacramento di speranza per tutti. Nel racconto di una giornata normale vissuta da Gesù si rimane commossi e quasi travolti dalla quantità di incontri e dalla sua totale immersione nella vulnerabilità della carne. La creatura fragile e mortale conosce in Lui un Dio totalmente solidale, che si ‘immischia' senza mezze misure nella passione dei suoi figli. Scaturisce da lì il segno di speranza. Perché Gesù guarisce. E guarire è espressione della sua potenza, della sua vittoria sul male. C'è però da fare un tuffo oltre la salute fisica, per cogliere il senso più profondo dell'agire del Messia. Se fosse la guarigione dalla malattia la sua missione ultima, davvero saremmo tanto disgraziati. Perché guarire non significa comunque fuggire al morire. Anche Lazzaro tornò a stare in una tomba. E comunque, siamo tutti chiamati ad attraversare la porta della morte. Gesù piuttosto conduce per mano chi si lascia afferrare per anticipare quasi il passaggio, e conoscere il senso autentico dell'esistere. In questo corpo debole e mortale, infatti, abita il tesoro più prezioso: la capacità di entrare e stare in relazione con l'Onnipotente. Per quanto misera e acciaccata, la creatura più bella - che siamo noi - è capace di dialogare con Dio. E di questo Gesù si fa instancabile testimone, sentinella notturna, affascinante esempio. L'anima della missione di Gesù su questa terra è la sua relazione con il Padre. E se non bastano le ore di luce per permettergli di custodirla e coltivarla, allora la sveglia prima dell'alba desta anche quella nostalgia di intimità alla quale Egli non può sfuggire. In un luogo deserto, per guardarsi negli occhi con il Padre, mentre la notte ancora si stiracchia e le luci che brillano davvero sono quelle del cuore. Ecco il senso dell'opera taumaturgica di Gesù, il quale sana per indicare la via. Dio ha a cuore la sua creatura, per poter vivere in comunione con lei. Dio è più forte del male, che mira a spezzare il legame tra noi e Lui. Dio restituisce la dignità a ciascuno, perché mai cadiamo nella tentazione di pensare che la nostra miseria sia tutta la verità. Riscoprirsi amati e accuditi, come la suocera di Pietro, è percorso di liberazione dalle insidie della disperazione e del non senso. Quanto ne abbiamo bisogno oggi, fin troppo dediti alle cure dell'estetica e impegnati nello sviluppo delle scienze, ma spesso dimentichi della salute dell'anima! ‘Tutti ti cercano', Signore Gesù: ma perché? Da Te cosa vogliamo? A Te cosa chiediamo? Con gli apostoli che camminano sulle sue tracce, anche noi desideriamo intuirne il segreto, perché la sua voce e i suoi gesti penetrino laddove ha più valore la sua presenza. E non è dunque una malattia debellata o un pericolo evitato la fonte della speranza, bensì l'esperienza interiore di sapersi e sentirsi sempre cercati da Lui. Proprio così: prima ancora che le folle si muovessero a pedinare il Maestro guaritore, Egli, Figlio dell'Altissimo sceso fra le misere misure dell'uomo, è venuto a cercare ogni singolo, chiamandolo per nome. E nella comunione ritrovata, scaturisce la capacità di essere come Lui: donati. La diaconia di chi è risorto dal letto del dolore rimanda a questa originale identità della persona. Siamo fatti per amare, per servire, concretamente, senza misure. Ma lo possiamo realizzare soltanto perché prima che terminasse la notte, il Signore già si era messo in moto per giungere a noi e chinarsi a lavare i nostri piedi feriti. È inutile scappare: meglio arrendersi, lasciarsi trovare. Poiché la febbre e i demoni dei vizi e delle paure non hanno scampo, non hanno potere se incontrano la tenerezza vigorosa di chi è solo e sempre Amore. |