Omelia (04-02-2018) |
Missionari della Via |
Oggi ci viene presentata una giornata tipo di Gesù, riassumibile in tre parole: pregare, predicare, curare. Domenica scorsa lo abbiamo lasciato in sinagoga dove ha liberato un indemoniato. Oggi lo vediamo uscire dalla sinagoga e andare subito a casa della suocera di Pietro; ella giace malata, a letto, con la febbre. I discepoli, impotenti davanti alla malattia, sono però potenti nell'intercessione e parlano di lei a Gesù. In certi momenti in cui ci sentiamo umanamente impotenti, non dimentichiamo la potenza della preghiera d'intercessione, dove presentiamo a Gesù le necessità e i bisogni degli altri. E Gesù non si fa attendere: subito, senza dire alcuna parola, si fa vicino a questa donna sofferente, non la evita e con tanta tenerezza la prende per mano: Mano nella mano, come forza trasmessa a chi è stanco, come a dire "non sei più sola", come un padre o una madre a dare fiducia al figlio bambino, come un desiderio di affetto. Chi soffre chiede questo: di non essere abbandonato da chi gli vuole bene, di non essere lasciato solo a lottare contro il male (E. Ronchi). In un gesto così semplice possiamo vedere tutta la potenza vittoriosa di Gesù contro ogni tipo di male capace di bloccare l'uomo, rendendolo incapace di amare e servire. In questa donna ammalata ci siamo in un certo modo tutti noi, chi in un modo chi un altro. San Girolamo, commentando questo passo ha detto: «Quando sono colto dall'ira, ho la febbre; anzi, ogni vizio è febbre». Tutti siamo malati e febbricitanti, quindi bisognosi di affollarci davanti alla porta della casa del Signore. E' Lui il solo capace di guarire le malattie più profonde della nostra anima; e la Sua misericordia, che riceviamo in pienezza nel sacramento della confessione, non solo allontana il male, ma realmente lo distrugge (Benedetto XVI). E la fece rialzare. Questo verbo è lo stesso verbo che san Marco usa per la risurrezione di Gesù; Gesù rialza, risuscita letteralmente a vita nuova questa donna, restituendola alla bellezza del poter fare qualcosa per gli altri: infatti si mise a servirli. Questo servire non esprime un semplice segno di cortesia, ma è la diaconia, ossia il servizio a Gesù e ai fratelli: è uno stile di vita orientato a cercare il bene e la felicità degli altri, a partire dalle piccole cose. L'incontro con l'Amore di Dio ci guarisce progressivamente da tutte le paralisi interiori, e ci fa riscoprire la vita nella sua verità: la vita è un dono che va donato, una meravigliosa missione d'amore da realizzare, unica e irripetibile. Chi si dona, chi accoglie ogni giorno come un dono unico per fare cose belle, per impegnarsi per il bene, per la verità e per la giustizia vive felice. Invece chi si trascina o chi vive da mercenario, come scritto nella prima lettura, come uno che non muove un dito se non gli conviene, o che vive in funzione del proprio appagamento, non può essere felice: è ammalato, febbricitante, spento, senza vera speranza.
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