Omelia (11-02-2018) |
Missionari della Via |
Il Vangelo secondo Marco ci sta conducendo al seguito di Gesù per le strade del mondo. Gli viene incontro un lebbroso; per la sua malattia, era considerato impuro, lontano da Dio, costretto a vivere isolato da tutti, portando segni esteriori di riconoscimento (capo rasato, vesti stracciate, gridando "impuro impuro" per non farsi avvicinare): un uomo emarginato, per i rabbini "morto" sia civilmente che religiosamente, la cui guarigione era più improbabile di una risurrezione! Costui si avvicina a Gesù e dice: Se vuoi, puoi purificarmi: è più della sola guarigione fisica; è l'essere reintegrato nella vita civile e religiosa. Con grande fede, percepisce che solo Gesù può fare qualcosa; non dice se glielo chiedi tu, Dio mi può purificare, ma se vuoi, Tu mi puoi purificare. E che cosa vuole Gesù? Lo vediamo subito dopo: Gesù, preso da compassione - che significa una profonda partecipazione e commozione interiore, - disse: Lo voglio, sii purificato. Ecco cosa vuole il Signore dal più profondo del suo Cuore: la nostra purificazione, che stiamo bene, che viviamo liberi dal male, in comunione con Dio e con gli altri: ci vuole felici, con una vita piena! Inoltre la lebbra è figura di una malattia "mortale" ben peggiore: il peccato. Ecco i veri lebbrosi: gli egoisti, gli empi, coloro che vivono nell'acqua stagnante, i comodi, i paurosi, coloro che sciupano la vita (R. Follerau). La guarigione del lebbroso ci fa prendere coscienza di una guarigione ancora più grandiosa che può avvenire in noi: la liberazione dal peccato e dalla morte, che si ripete ogni qual volta ci confessiamo, riconoscendo il nostro male, sentendoci dire dal sacerdote: Io ti assolvo dai tuoi peccati, che equivale, sul piano spirituale a: lo voglio, sii purificato, guarisci! A volte, per confessarsi e ottenere questa meravigliosa guarigione dell'anima, bisogna superare la nostra intima resistenza, la vergogna, gli scoraggiamenti del maligno e anche il rispetto umano di fronte ad una società che banalizza il peccato. Il lebbroso ottiene la guarigione perché ha il coraggio di venir fuori dal modo di pensare comune, invocando dal Signore la guarigione. Quanti lebbrosi nell'anima ci sono oggi in giro per il mondo; ma non tutti vengono guariti, se non quelli che se ne rendono conto e cercano la guarigione e il perdono. Si narra che il re S. Luigi IX, un giorno disse pubblicamente che avrebbe preferito trenta volte essere lebbroso piuttosto che cadere in un solo peccato mortale. Al che il barone di Joinville, presente, ribatté inorridito che lui preferiva l'opposto. Rievocando il fatto, il poeta Péguy commenta: "Ah se Joinville con gli occhi dell'anima avesse veduto cosa sia la lebbra dell'anima che chiamiamo non invano peccato mortale... quella muffa secca dell'anima infinitamente più cattiva, più pericolosa e maligna, infinitamente più odiosa, lui stesso avrebbe capito quant'era assurdo il suo discorso e che la questione non si pone nemmeno. Ma non tutti vedono con gli occhi dell'anima" (R. Cantalamessa).
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