Omelia (11-02-2018)
Omelie.org (bambini)


Il Vangelo di oggi ci parla di una persona emarginata che, ai nostri giorni, nessuno di noi potrebbe sicuramente incontrare: un lebbroso.
Con "lebbra" al tempo di Gesù si indicava qualsiasi malattia grave della pelle, e non soltanto quella che alla fine dell'Ottocento il medico norvegese Hansen riuscì a identificare (e a trovare così la cura adatta).
Specialmente questa malattia era considerata un castigo di Dio in seguito ai peccati, una forma di punizione divina a causa delle deformazioni che procurava al corpo. Secondo le antiche religioni infatti, tra cui anche l'antico ebraismo, i peccati dell'anima si ripercuotevano visivamente sul corpo.
Il lebbroso dunque non suscitava compassione dal momento che era ritenuto un peccatore, e quindi impuro, e doveva vivere lontano dai villaggi come un emarginato. Era in pratica un "morto vivente" e soprattutto non poteva né avvicinare, né essere avvicinato. Siccome la malattia era contagiosa, tutte le persone affette dovevano indossare campanelli, sonagli, oppure gridare "Impuro! Impuro!" per permettere agli altri di accorgersi in tempo della loro presenza ed allontanarsi al loro passaggio. Questa era la legge.
Ho fatto questa lunga ma importante premessa, per farvi capire qual è la buona notizia che ci viene comunicata nel brano che abbiamo letto oggi: il Signore Dio non emargina nessuna persona, nessun malato, nemmeno un lebbroso. Per Lui nessuno è impuro.
A questo punto vorrei fare con voi una riflessione. Ai giorni nostri, come dicevo all'inizio, noi non incontriamo certamente dei lebbrosi, però persone bisognose ce ne sono in ogni strada, ad ogni angolo, nei semafori, davanti alle porte delle chiese, ai campanelli delle nostre case... come le trattiamo? Pensiamo che siano "impure" per cui facciamo finta di non vederle e ci allontaniamo oppure ci facciamo quella domanda che dovrebbe accompagnare ogni azione della nostra giornata: "Cosa farebbe Gesù se fosse al posto mio?".Così inizia il Vangelo di oggi: "Venne da Gesù un lebbroso". Qui c'è un lebbroso che, avvicinandosi a Gesù, trasgredisce la legge. Và e lo supplica in ginocchio perché non sa come avrebbe reagito. Gli dice: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Chiede di essere purificato perché vuole almeno rivolgersi a Dio nella preghiera, vuole sentirLo vicino, parlare con Lui. Ha perso tutto, la famiglia, le persone care, gli amici... ha perso anche Dio e si sente un abbandonato. Agli occhi di tutti è un impuro. L'unico che può togliergli l'impurità è Dio, ma, siccome è impuro, non può rivolgersi nemmeno a Lui. Quindi la disperazione è totale. Ma ha la fede. Quando vede Gesù si fida e si affida totalmente a Lui.
Vorrei farvi notare che in tutti i miracoli che ha fatto Gesù, il fattore determinante, cioè il motivo per cui avviene il miracolo, è sempre la fede.
Non il contrario... le persone guarite non hanno acquistato la fede dopo essere state miracolate..."Va', la tua fede ti ha salvato", dice Gesù dopo avere guarito un cieco. Ed ancora: "Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita" dice ad una donna malata da dodici anni.
Ed ancora: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!", ad una donna peccatrice che gli aveva lavato i piedi con le lacrime ed asciugati con i suoi capelli....
È importante questo perché significa che, come prima cosa, ci viene chiesto di avere fiducia in Gesù, di abbandonarci alla sua volontà, di fidarci del suo amore che non lascia solo mai nessuno, nemmeno un lebbroso.
Questo ha fatto quell'uomo malato: con la sua umile fede si è messo in ginocchio. La reazione di Gesù è di compassione. Compatire non è dire:"poveretto quello lì che pena mi fa" e poi andarsene... no! Compatire significa soffrire insieme.
A voi è mai capitato di soffrire insieme a qualche vostro amico per una cosa brutta che gli era successa? Penso proprio di sì! Magari avete anche pianto assieme, ma penso che vi siate anche dati da fare per aiutarlo concretamente affinché non soffrisse più, ad esempio soccorrendolo se si era fatto male, oppure aiutandolo a fare i compiti se il motivo era un brutto voto, oppure facendo da paciere se la causa era una lite col suo migliore amico, oppure facendovi vicino con un sorriso o una carezza se aveva un dispiacere nel cuore... e così via.
Compatire è cioè un sentimento "divino" che restituisce vita, gioia a chi l'ha in qualche modo perduta.
Gesù ha compassione, tende la mano e poi lo tocca.
Vi sembra che Gesù avesse bisogno di toccare il lebbroso per guarirlo? Certamente no! Quante volte Lui ha guarito solo con la sua parola...
E allora perché lo tocca? Per far capire che non ci sono uomini impuri, che non ci sono uomini indegni di essere toccati da Dio. Lui tocca tutti col suo amore, tocca tutti non solo con la sua mano ma con tutto se stesso, è vicino ad ognuno di noi perché ci vuole un bene "da morire".
Che meriti aveva il lebbroso per essere purificato? Nessuno. Proprio questo ci vuole fare capire l'evangelista Marco: Dio non ci ama per i nostri meriti.
Quante volte facciamo i capricci, vogliamo tutto e subito, litighiamo, facciamo confusione a catechismo invece che stare attenti... eppure Dio ci ama lo stesso perché siamo suoi figli. Ci chiede però una cosa: di pentirci e di cercare di ricominciare a vivere nel bene.
L'altro insegnamento importante di questo Vangelo è questo: l'uomo non deve purificarsi per accogliere il Signore, ma è l'accogliere il Signore ciò che purifica l'uomo, che lo rende simile a Lui.
Noi siamo "la casa di Dio" dal giorno del nostro Battesimo. Eravamo piccoli quando questo è successo, ma i nostri genitori hanno chiesto questo dono per noi proprio perché potessimo diventare come Gesù. Con il Battesimo siamo già guariti, purificati, siamo già nella vita di Dio: Lui è nel nostro cuore e ci chiede un "Sì" di accoglienza, un "Sì" che dica:"Signore io voglio che tu abiti per sempre dentro di me perché io voglio essere come te".
Il lebbroso aveva già accolto Gesù, aveva avuto fede e Gesù l'ha guarito.
Dopo questo gesto che dona la vita a quell'uomo, Gesù lo mandò via dicendo di non dire niente a nessuno perché non voleva essere scambiato per un guaritore, non voleva suscitare false attese nella folla ed inoltre voleva evitare che tutti lo pensassero come il nuovo Messia che avrebbe dovuto liberare dall'oppressione dell'impero romano.
L'altro motivo per cui comanda al lebbroso di tacere è questo: solo davanti alla croce è possibile dire, come il centurione romano:"Davvero quest'uomo era il Figlio di Dio".
Ma, quando si guarisce da un male, si è troppo felici... come si fa a tacere?
E così il lebbroso andò a raccontarlo a tutti "tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte".
Commento a cura di Sr. Piera Cori