Omelia (11-02-2018) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 1,40-45 160 anni fa, presso un villaggio dell'Occitania, Alti Pirenei francesi, chiamato Lourdes, più precisamente nella grotta di Massabielle, si verificò un fenomeno che avrebbe trasformato l'intera regione in una delle mete religiose più visitate al mondo: la Vergine Maria apparve a una ragazzina di nome Bernadette. È passato più di un secolo e mezzo, ma i pellegrinaggi alla grotta delle apparizioni, sebbene ultimamente parecchio in calo, tuttavia continuano... Il Vangelo di oggi testimonia che ai tempi di Gesù c'era bisogno di miracoli, esattamente come nel 1858, esattamente come oggi... Ci sono almeno due aspetti della vicenda raccontata nel Vangelo, dei quali il Signore sembra non rendersi conto: il primo è che, ai suoi tempi, dalla lebbra non si guariva; pertanto, mandare un malato-risanato a pagare quanto dovuto secondo la Legge di Mosè, costituiva già di per sé un fatto prodigioso, che avrebbe di certo suscitato scalpore negli ambienti religiosi e non solo. Il secondo fatto è ancora più eclatante: la guarigione dalla lebbra non si può nascondere. In ultima analisi, pretendere il segreto era addirittura risibile, assurdo. Ma tant'è... L'attività taumaturgica del Signore costituisce senza dubbio una delle caratteristiche messianiche, ma non è la più importante, con buona pace di coloro che ostinatamente invocano il miracolo per sé, o per altri. La conclusione del Vangelo è paradigmatica: il rumore suscitato dalla guarigione del lebbroso, impedì da quel giorno a Gesù di entrare nei centri abitati, costringendo la gente a uscire di casa e mettersi in cammino sulle sue tracce... Il che, potrebbe anche essere positivo: in fondo, la vocazione cristiana è per sua natura vocazione alla ricerca di Dio. Lui, il passo verso di noi lo ha fatto! Ora tocca a noi fare il nostro verso di Lui... Nella cultura semitica, la guarigione dalla lebbra era paragonabile ad una vera e propria risurrezione dai morti; secondo la Legge di Mosè, la persona colpita da lebbra subiva una doppia condanna: la malattia deturpante, ma anche l'esilio; il secondo, peggiore della prima; l'ostracismo della comunità contro chi è portatore di un virus, contratto verosimilmente a causa della propria condotta morale, produce nel soggetto la morte sociale, la quale affretterebbe quella fisica... Tanto per essere chiari, il malato di lebbra era escluso da qualsiasi forma di partecipazione alla vita pubblica, e non solo per evitare il contagio; si trattava di una vera e propria sanzione morale. Perdeva i diritti civili, doveva addirittura rinunciare agli affetti familiari... Non poteva neppure prender parte alle riunioni liturgiche. Finiva i suoi giorni ramingo nel deserto... Il miracolo in questione era\è la prova, possiamo dire, evidente, che Gesù di Nazareth era\è il Messia atteso dai secoli. Il valore teologico è a dir poco, enorme: laddove arriva l'azione di Dio, cadono le barriere umane del perbenismo, i pregiudizi religiosi e politici, le differenze di casta, i vincoli angusti delle ideologie,... La riconciliazione, la comunione, la pace costituiscono l'esito finale, l'happy end della missione di Cristo presso gli uomini, l'unica, vera essenza del regno di Dio. Troppo facile, dunque inevitabile, l'attualizzazione ai giorni nostri: le malattie cosiddette infamanti sono sempre esistite e anche oggi ce n'è una, si chiama AIDS: non se ne sente più parlare, nei toni allarmanti di trent'anni fa; gli strumenti di comunicazione hanno eliminato l'AIDS dalla scena mediatica, ma non dalla vita degli uomini: ogni giorno si registrano nuovi contagi... a migliaia! Non cadiamo anche noi nell'illusione che un problema di cui nessuno parla più, non sia più un problema... Ma soprattutto, facciamo un esame di coscienza onesto, severo, sul nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui: quella che affligge in particolare coloro che, per così dire, non sono in regola come noi, che non rigano dritto come noi, che hanno sbagliato come noi... Chi, almeno una volta, non ha pensato, o anche detto: "Gli sta bene!", "Se l'è meritato!"? Più in generale, è sempre stata diffusa, e lo è ancora, la convinzione più o meno dichiarata, che fare il male attiri una punizione; dal Cielo, o non dal Cielo, chi pecca contro se sesso, o contro altri, si aspetti, prima o poi, qualcosa di brutto. Saranno i sensi di colpa, sarà l'educazione cattolica... È ancora così diffusa la morale dei meriti! Credere di meritare un premio, o un castigo... È umano! Ma dai tetti in su, nelle dimore eterne, non si pensa così! Gesù non è venuto per i sani, ma per i malati, ci insegna il Vangelo; Gesù ha scelto subito da che parte stare; fin da quando si mise in fila con i peccatori, sulle rive del Giordano, per farsi battezzare da Giovanni. Temo che i cristiani non valutino appieno questo fatto: quando il Battista lo vide arrivare, si scandalizzò: "Sono io che dovrei farmi battezzare da te, e tu vieni da Me?": l'evangelista Matteo racconta che Giovanni voleva addirittura impedirlo, e Gesù reagì dicendo: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia." (cfr. Mt 3,13ss.). E con questa dichiarazione, il Maestro di Nazareth, sovvertiva l'ordine dei ragionamenti umani. Con buona pace di noi, gente per bene, "i capaci e i meritevoli", che le Costituzioni democratiche mettono in cima alla classifica, nella cura da parte dello Stato (cfr. art.34 C.I.), per il Signore perdono i primi posti... Certo, è quasi spontaneo reagire con invettive del tipo: Ma, allora, se è così, che vale fare tutta sta fatica per starci dentro, per rispettare i Comandamenti, per fare i buoni,...? Tanto, poi, i pubblicani e le prostitute ci passano avanti nel Regno dei Cieli... ATTENZIONE: il Signore cita i pubblicani e le prostitute, è vero, ma dice anche, a loro totale discolpa, che costoro credettero alle parole di Giovanni (e alle sue, ovviamente). È sempre, solo questione di fede vissuta e professata. Sulla professione della fede, ok: ci siamo riuniti apposta, come ogni domenica. Ma siamo proprio sicuri che la fede che celebriamo qui, ogni settimo giorno, sia quella che viviamo fuori di qui, anche gli altri sei? |