Omelia (25-02-2018) |
Agenzia SIR |
Commento su Marco 9,2-10 "Ho creduto anche quando dicevo: ‘Sono troppo infelice'". Le parole del Salmo tra le due letture della Messa possono ben esprimere lo stato d'animo di Abramo che, insieme al figlio Isacco, sale sul monte dove, per ordine di Dio, dovrà sacrificare il figlio, che, inconsapevole, porta sulle spalle la legna sulla quale la sua morte si dovrà compiere. Allo stesso tempo possono illuminare lo stato d'animo degli apostoli ai quali Gesù, qualche giorno prima, ha preannunciato la propria morte in croce. Il sacrificio di Isacco - narrato dalla Genesi -, diventa preannuncio della morte in croce di Gesù. Come Abramo era pronto a sacrificare il Figlio, così l'eterno Padre sacrificherà il Figlio: assurdità per la mente umana, salvezza nel progetto di Dio. È questo il messaggio dei testi di questa domenica. Il brano della Genesi, narrando il sacrificio di Isacco, sostituito in extremis dall'ariete, mette in luce che la salvezza viene dall'ubbidienza a Dio, accettata con fede nonostante l'infinita sofferenza che essa comporta. Nell'accettazione della volontà di Dio con la fede da parte di Abramo, si pongono le premesse per la realizzazione del disegno di Dio: ecco la garanzia della benedizione del patriarca che diventerà padre di una discendenza numerosa "come le stelle del cielo" e nel cui nome "si diranno benedette tutte le nazioni della terra". La salvezza passa attraverso l'obbedienza alla parola del Signore. Il racconto della trasfigurazione di Gesù, nel brano di Marco, procede sullo stesso binario: il Padre sacrificherà il Figlio Gesù per realizzare il suo progetto di salvezza: di questo parlano Mosè ed Elia con Gesù (come è precisato dal Vangelo di Luca). Le parole del Padre dalla nube indicano che dal sacrificio della croce nascerà la salvezza; e le parole di Gesù mentre scende con gli apostoli dal monte precisano che la morte sulla croce, da lui preannunciata pochi giorni prima, non sarà la conclusione della sua missione, perché egli sarebbe "risuscitato dai morti". Il brano della lettera di Paolo ai Romani completa l'insegnamento di questa Messa domenicale precisando definitivamente il senso della morte di Cristo in croce: Dio "che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato (alla croce) per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?". In virtù della morte di Gesù, Dio ci giustifica, liberandoci dalla condanna. La morte di Gesù, infatti, non è la fine della sua vita, perché egli "è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!". Il messaggio di questa Messa ci dà la chiave di lettura di tutto il cammino che la Quaresima ci farà compiere; è quindi fonte della speranza ultima dei cristiani: non siamo condannati a morte per i nostri peccati, perché in virtù della morte di Cristo e della sua risurrezione, Dio ha progettato per noi la salvezza eterna con Gesù nel Paradiso. Commento a cura di Vincenzo Rini |