Servire: prendere il posto
È l'ultima domenica di questa prima parte del tempo ordinario. Mercoledì sera, con la celebrazione dell'imposizione delle Ceneri, comincerà già il tempo di Quaresima.
Proviamo allora a fare un attimo il punto della situazione con l'ascolto del vangelo di Marco, che ci ha presentato fino ad oggi la vita quotidiana di Gesù, fatta di parole capaci di smuovere quegli spiriti che il vangelo definisce immondi. Abbiamo capito che ci sono parole che se rimangono soltanto "religiose", come quelle degli scribi, non smuovono nulla. Quando Gesù apre bocca però... e la domanda è: le mie parole, le parole della mia comunità, le parole della chiesa, sono parole capaci oggi di smuovere, di interrogare, di infastidire, di scandalizzare o rimane tutto piano?
Domenica scorsa poi siamo stati in ascolto della seconda parte della giornata di Gesù, che dopo la sinagoga entra in casa di Simone e guarisce una donna. Un miracolo importante per il suo significato e la sua ricaduta a livello comunitario: ci dice infatti che segno di salute, segno di guarigione è il servizio. Dopo una malattia, scrive don Daniele Simonazzi, non si può dire che uno finalmente sta bene perché è andato a sciare; dopo una malattia uno sta bene perché si è messo a servire i propri fratelli e sorelle. Il servizio è il segno del fatto che siamo una comunità in salute!
Oggi, (ancora una volta mi influenza molto il commento che don Daniele Simonazzi fa a questa pagina di vangelo) facendo nostro l'invito di San Paolo nella seconda lettura a seguire l'esempio di Gesù siamo chiamati:
- a prendere in seria considerazione le parole di chi, in qualche modo colpito, ferito, accarezzato dalla vita mi dice, ci dice: se vuoi, puoi! In questo senso c'è un passaggio importante nella lettera per la Quaresima che il papa ha indirizzato alla chiesa e che mercoledì sera vi consegnerò. Come vorrei che anche nei nostri rapporti quotidiani, davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, noi pensassimo che lì c'è un appello della divina Provvidenza: ogni gesto di coinvolgimento nella situazione dell'altro è un'occasione per prendere parte alla Provvidenza di Dio verso i suoi figli; e se Egli oggi si serve di me per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità? Non mossi dal sentimento, non mossi dalle emozioni, non mossi dal volontarismo, ma per rivelare ciò che Dio vuole da noi. Spesso intendo così il servizio, come qualcosa di forzato, qualcosa che visto che sono cristiano, ci sta! Il servizio inteso così può anche essere qualcosa di molto efficiente ma che rischia di diventare una prestazione invece che manifestare la fede in Dio di una intera comunità. Tremo al pensiero che ci siano persone che dipendono dalla mia volontà, dalla volontà della comunità che mi è affidata. Questo lebbroso mi dice qualcosa di altissimo: che la dignità più grande che un uomo possa desiderare di vivere è volere il bene e la guarigione degli altri. Ma davvero voglio, desidero il bene e la guarigione degli altri? Quante persone hanno detto a me e alla mia comunità: se vuoi, puoi. E allora perché continuo a farmi pregare dalla povera gente? Se è vero che il grado di salute di una comunità sta nel servizio, allora non possiamo fare a meno di chi ci dice: se vuoi, puoi! Alle volte, durante le riunioni di verifica, o con il gruppo Caritas o con i servizi sociali del comune si fa un elenco. Ci domandiamo quante persone tutti insieme siamo riusciti ad aiutare o stiamo aiutando ma non mi domando se io sono cambiato o, usando un linguaggio già del tempo di quaresima, se io mi sono convertito. Demba, il ragazzo senegalese che vive alla Costa mi ha cambiato? Annamaria mi ha cambiato?
- Alla discrezione e all'ascolto, a non tirare troppo in fretta delle conclusioni su Dio e sul suo volto: un altro aspetto importante, emerso anche nelle scorse domeniche è il silenzio che Gesù chiede, agli spiriti immondi come a questo lebbroso, guarda di non dire niente a nessuno. Gesù opera miracoli e tuttavia non vuole essere riconosciuto; perché? Gesù non vuole che si concluda subito chi lui è perché se cosi si facesse si avrebbe una idea distorta della sua messianicità e di Dio. Se proviamo a mettere insieme tutti i testi di Marco per vedere dove vanno a finire, capiamo bene quando il segreto è tolto davvero, quando tutto è manifestato, perché anche i pagani fanno la loro professione di fede: veramente quest'uomo era il figlio di Dio dirà il centurione romano sotto la croce. Davanti al miracolo non devi concludere chi è Gesù, perché devi vedere il processo che ha subito, la passione e la sua crocifissione. Il miracolo e la croce ti diranno chi è Gesù. Ci vogliono i miracoli e ci vuole anche la croce, la potenza e la debolezza: la potenza ti dice che è il Messia e la debolezza ti dice che tipo di Messia è Gesù perché è chiaro che con la croce Gesù non è più il Messia vecchio stampo tutto potenza, splendore, vittoria, trionfo. Ci ha detto don Bruno Maggioni un giorno durante un corso di esercizi: Il miracolo non basta, semplicemente perché conferma sempre l'idea di Dio che hai in testa. "Credo in Dio e il miracolo è una conferma dell'esistenza di Dio, che Lui può tutto." E' necessaria la croce, forza e debolezza, un Dio diverso.
- a prendere il posto dei nostri fratelli emarginati, esclusi. Sì perché Gesù guarisce questo lebbroso, ma non si accontenta: prende addirittura il suo posto stando al vangelo: se ne stava fuori, in luoghi deserti. "Fuori" era il posto del lebbroso, il deserto era il posto dell'escluso, e, come abbiamo ascoltato dalla prima lettura, non certo per ragioni mediche, ma strettamente religiose: erano infatti i sacerdoti a decidere il suo destino una volta constatata la malattia. È una grande domanda questa, che mi resta, fino a che non mi metterò lì, al posto del lebbroso, al posto del povero, perché il vero servizio è prendere il posto di colui che hai servito (don Daniele Simonazzi).