Omelia (11-01-2014)
Paolo Curtaz


Il lebbroso è coperto di lebbra. La lebbra, ormai, ha invaso la sua vita, facendolo diventare un morto che cammina, isolato da tutti. La legge era molto severa rispetto alle malattie contagiose: nessun ammalato poteva entrare in città. La lebbra, allora, era una malattia della solitudine e del senso di colpa. Tutti pensavano che la malattia fosse la punizione divina di qualche peccato; il malato, perciò, non suscitava compassione ma disprezzo. E, spesso, il lebbrosi erano intimamente convinti di essere dei maledetti, di essere disprezzati da Dio. Da tutto questo il lebbroso chiede di essere purificato. Dalla malattia, dalla solitudine, dal senso di colpa, da una vita sbagliata. E il Signore lo guarisce. Meglio: lo vuole. Dio vuole che siamo in comunione, in armonia, in salute. Dio non ci manda gli accidenti, né tantomeno ci punisce. Ma desidera nel profondo la nostra salvezza. Convertiamo il nostro cuore a questa immagine di Dio, a questa rivelazione, senza lasciarci offuscare da idee demoniache di Dio che spesso portiamo nel cuore e che sono la proiezione dei nostri incubi profondi!