Omelia (04-02-2014) |
Paolo Curtaz |
Sono due donne le protagoniste del vangelo di oggi. Entrambe hanno a che fare con l'impurità rituale: l'una perché segnata dalla morte, l'altra dalle perdite di sangue che la fanno piombare in una impurità perenne. Marco, con abilità, interseca le due storie e ci lancia un segnale: la ragazza ha dodici anni, la donna da dodici anni soffre di perdite. Dodici, in Israele, è il numero della pienezza. Il loro è un dolore assoluto, perfetto. L'emorroissa vuole toccare Gesù, violando la norma. Ed è l'unica che lo tocca con fede: altri lo stanno strattonando ma non accade nulla. Possiamo avvicinarci mille volte a Gesù senza trarne giovamento oppure sfiorare l'orlo del suo mantello ed essere guariti nel profondo. Non è Gesù a contrarre l'impurità ma la donna a contrarre la purezza. Le è restituita la dignità, può confrontarsi, parlare, tornare a vivere in società. E la povera figlia di Giairo ritrova la vita grazie alla preghiera del Signore che sa che la morte è un sonno da cui risvegliarsi. Oggi, ancora, si avvicina a ciascuno di noi e ci invita a lasciare che la fanciulla che c'è in noi ritrovi spazio nelle nostre a volte tristi scelte da adulti. |