Omelia (07-02-2014) |
Paolo Curtaz |
È tormentato, Erode, roso dai sensi di colpa. Pensava di avere risolto la questione di Giovanni uccidendolo. Certo, non era stato elegante ciò che era successo e il re pavido aveva ampiamente dimostrato alla sua corte di essere un debole e un impulsivo. Ma teneva molto alla sua immagine e la sua amante aveva abilmente manipolato la sua fragile volontà usando l'avvenente bellezza di sua figlia. Che squallore! Che brutti rapporti fra le persone! Che piccineria! Eppure, dopo qualche tempo, Erode è ancora lì che si tormenta. Il fantasma del Battista abita i suoi sonni, la coscienza gli rimorde, non sa darsi pace. Ma ormai è troppo tardi. Non si torna indietro. E l'omicidio di un innocente (e di quanti altri!), di un santo, di un profeta, è irreversibile. Così Erode è ricordato come un assassino senza scrupoli nei secoli e la sua memoria è per sempre legata alla sua debolezza. Severo ammonimento, per noi oggi: vigiliamo su noi stessi, sulle nostre azioni. Coltiviamo le virtù e ciò che di bene portiamo nei nostri cuori perché non succeda di compiere gesti irreversibili di cui un giorno provare rimorso... |