Omelia (11-03-2014) |
Paolo Curtaz |
No, non vogliamo convincere Dio sfinendolo con le nostre (spesso vuote e inopportune) parole. Non scherziamo: con lui non facciamo come con i potenti di questa terra, con gli amici degli amici, sperando che qualcuno ci possa dare una mano, raccomandare, trovare un posto per un appuntamento. È un buon padre che ci rivolgiamo, uno che sa di cosa abbiamo bisogno. Allora: perché pregare? Se Dio sa già tutto tanto vale rassegnarsi e quello che accade è già il meglio che possa succedere, o no? Dio sa, in lui tutto è presente. Ma siamo noi che non vediamo e, spesso, la nostra preghiera diventa lo specchio che ci restituisce la verità di noi stessi. E, a volte, il fatto che la nostra preghiera non venga esaudita è la molla per capire che ciò che chiediamo, forse, non è il nostro bene o che non siamo pronti a ricevere ciò che chiediamo. Dio non è un potente da corrompere ma un padre da cui farsi educare e condurre. Non sprechiamo inutilmente le parole, allora, ma impariamo ad ascoltare le cose che chiediamo nell'unica preghiera che il Signore ci ha insegnato... |