Omelia (28-03-2014) |
Paolo Curtaz |
Gli scribi, all'epoca di Gesù, erano gli unici capaci ad interpretare correttamente la Parola di Dio. La loro autorevolezza era riconosciuta da tutti, in particolare dal popolo che non aveva la possibilità di leggere e studiare. Così la domanda posta da uno di essi al Signore non sembra una richiesta di chiarimenti, quanto, piuttosto, uno sfoggio di cultura o, peggio, un'indagine conoscitiva per cogliere in fallo il falegname che si arrogava il diritto di insegnare senza avere frequentato una scuola adeguata. Ma capita male, al solito: proprio riguardo al tema dell'amore verso Dio e verso il prossimo il Signore sa bene di cosa parla! E la risposta che fornisce è consona e condivisa da molti rabbini del suo tempo: al centro della selva dei precetti imposti sulle spalle dei pii israeliti resta l'esperienza amorevole di Dio e del prossimo. Non ho dubbi nel credere che nessuno avesse più voglia di porre domande! Gesù parla di Dio in maniera diretta, racconta ciò che sperimenta, sa bene di cosa parla. La sua riflessione non è uno sfoggio di cultura ma la quotidiana esperienza della sua anima... |