Omelia (11-04-2014) |
Paolo Curtaz |
Non ci mancano le ragioni per lapidare qualcuno. Siamo così abituati a dividere il mondo in amici e nemici (nel calcio, nella politica, nel condominio...) da immaginare che sia davvero così, che inevitabilmente il mondo sia destinato alla contrapposizione perpetua. E questa logica contagia anche le nostre relazioni di fede, i nostri rapporti spirituali. Chi è conservatore, chi progressista, chi tifa per questo papa, chi per quello di prima, chi preferisce la messa in rito antico, chi la aborrisce... Logiche mondane che contagiano la nostra fede, che avvelenano le nostre relazioni, che umiliano il grande progetto di Dio su di noi. Gesù, frastornato da tanta veemenza, chiede garbatamente ragione di tanto odio. Per quali opere buone stanno per lapidarlo? Non per le opere (difficile dire che non siano buone!) ma per la pretesa del Signore di essere figlio di Dio. E noi, per quali ragioni passiamo il tempo a brandire pietre, sul lavoro, in famiglia, in parrocchia? Non per le opere, certo, ma per ragioni di principio, sempre. E se, invece, guardessimo alle opere? Ai frutti per decidere se l'albero che li produce è buono o malvagio? |