Omelia (23-04-2014)
Paolo Curtaz


Dicevamo di come la sofferenza può impedirci di incontrare il Signore risorto. Non solo Maria fa questa esperienza ma anche i discepoli di Emmaus. Anch'essi sono ripiegati sulla loro esperienza ma, in questo caso, il paradosso è che sono offesi dal fatto che questo straniero che si è unito a loro nemmeno sa delle vicende accadute a Gerusalemme. Terribile: parlano a Gesù della sua crocefissione e Gesù stesso non sa di cosa stiano parlando! Sono ancora tutti ancorati al Calvario, travolti da quella terribile giornata. Gesù no. È oltre. È altrove. Col cuore e con la mente, col corpo ormai trasfigurato e riempito di pace. Sono i discepoli a doversi convertire, siamo noi. Ed escono dalla cupezza del dolore meditando correttamente la Parola e riconoscendo la presenza del Signore nel segno del pane spezzato. Non c'è che un modo per superare il dolore: non amarlo. Il rischio di restare discepoli fermi al venerdì santo è reale e tangibile. Gesù non vuole accanto a sé discepoli dolenti e doloranti, lamentosi e crocefissi. La croce è passaggio a volte necessario per manifestare l'amore ma la croce e il sepolcro vanno abbandonati. Questo è il nostro cammino pasquale.