Omelia (25-04-2014)
Paolo Curtaz


Pietro è stato l'ultimo, fra i dodici, a convertirsi alla gioia. Troppo dolore nella sua storia, troppo forte, in lui, il senso di frustrazione, il senso di colpa per avere rinnegato il Maestro. La straordinaria pagina di oggi ci racconta l'epilogo della sua vicenda. Pietro sa che il Signore è risorto, certo. Ma è come se la cosa non lo riguardasse, come se non avesse il coraggio di lasciarsi abbracciare e perdonare dalla venuta del Signore. No, non si ama, Pietro, e nemmeno si perdona, come può fare esperienza della resurrezione? Torna a pescare, segno di una profonda sconfitta, della volontà di chiudere una parentesi iniziata tre anni prima. E i suoi amici vanno con lui, gli stanno vicino. Il dolore è dolore, non scherziamo. Ma avere amici che ci stanno accanto e che non se ne fanno travolgere ci aiuta. Ma la pesca va male, alla depressione si aggiunge la delusione. Non c'è mai fine allo sconforto, alle cose che possono andare storte. Il clima, sulla riva, è pesantissimo. Anche quando si avvicina quel rompiscatole di turista. Che chiede loro di prendere il largo. Esattamente come quel falegname di Nazareth, tre anni prima.