Omelia (29-04-2014)
Paolo Curtaz


Nicodemo è un devoto, un pio, un puro. Osserva le minuzie della Legge per esprimere il suo grande amore per Dio. Pratica il digiuno anche per chi se lo dimentica e giunge a pagare la decima anche sulle spezie. È una forma di disciplina interiore, un rispetto delle regole che lo mettono nella condizione di essere amato e accolto da Dio, dal suo punto di vista. Bene, bravo. Ma Nicodemo, così traspare dal vangelo, non è un saccente, non un arrogante che guarda dall'alto le altre persone, anche quelle deboli e fragili, no. Nicodemo si mette in gioco per capire. E Gesù gli chiede di rinascere, di cambiare mentalità, di aprirsi ad una nuova logica, quello dello Spirito. Che soffia dove vuole, impetuoso. Che scardina, mobilita, scuote, spinge. Anche noi, a volte, rischiamo di fare l'errore di Nicodemo, pretendendo di imbrigliare lo Spirito di Dio, instradandolo in percorsi che noi uomini abbiamo (maldestramente) delineato. Non è così: se ci affidiamo a Dio, se non pretendiamo di condurlo, se non lo ingessiamo nelle nostre regole, corriamo il rischio di andare là dove egli ci vuole veramente condurre...