Omelia (10-05-2014) |
Paolo Curtaz |
Ora sono tutti spiazzati, non scherziamo. Non solo la folla, stupita per il rifiuto di Gesù di essere incoronato re e ora protagonista di un incomprensibile e pericoloso discorso teologico. Non solo i suoi discepoli, straniti dalla richiesta astrusa di cibarsi della sua carne e del suo sangue. Ma anche i Dodici, i suoi più fedeli amici, che vedono in poche ore sfumare l'apoteosi ottenuta dal miracolo del Maestro. Un vero disastro, una catastrofe da tanti punti di vista, l'inizio della fine della neonata carriera del Signore. C'è una clima pesante, un'aria greve. Molti se ne vanno, parole troppo dure. Come facciamo noi quando Dio ci dice parole troppo dure, quando la fede giudica la nostra vita e ci spinge al cambiamento: ce ne andiamo. I suoi discepoli lo abbandonano. Allora Gesù si volge verso i suoi amici. Chiede loro di restare, almeno loro? Di non abbandonarlo? Macché. È libero, Gesù. Talmente legato al Padre da non cedere a compromessi. E chiede ai suoi: volete andarvene anche voi? Il silenzio cala sugli apostoli. Pietro, l'immenso Pietro, così simile a noi, risponde per tutti: dove vuoi che andiamo, Signore? |