Omelia (13-05-2014)
Paolo Curtaz


Gesù passeggia nel tempio, sotto il portico di Salomone. Alcuni giudei lo invitano ad esprimersi chiaramente, a dire se egli è il Cristo oppure no. E Gesù, ancora una volta, non risponde. Il suo è un messianismo troppo lontano dal loro modo di vedere, un messianismo di basso profilo, non quello guerresco e vittorioso che la folla si attendeva. No, non parla chiaramente anche se chiaramente conduce verso la risposta alla domanda che gli viene rivolta. Egli è un pastore che conduce al Padre, che dona la vita dell'Eterno, che conosce e ama le proprie pecore. Per scoprire che egli è il Cristo occorre osare, diventare discepoli, schierarsi, seguirlo come fanno le pecore. Così anche per noi oggi: non aspettiamoci un segno evidente della presenza di Dio, un'affermazione inequivocabile della profonda identità di Cristo. Nessuno mai proverà l'esistenza di Dio. Né la sua assenza. O dimostrerà la vera identità di Gesù: è un percorso di fede che mette in discussione la nostra libertà, che ci coinvolge fin nelle nostre più intime e profonde convinzioni. Seguiamo il pastore che ci conduce: in lui riconosceremo il Cristo di Dio.