Omelia (14-05-2014)
Paolo Curtaz


Quanto bene voglio a san Mattia apostolo di cui oggi facciamo memoria! La prima comunità, trasformata e riempita di Spirito, ha piena consapevolezza (finalmente!) del grande progetto che Dio ha sull'umanità e che ha realizzato in Gesù. E si rende conto che questo progetto li vede coinvolti: è la comunità a rendere presente il Signore, ad annunciarlo, celebrarlo, viverlo. Perciò i discepoli sentono forte la necessità di tornare ad essere Dodici. Giuda ha gettato la spugna, ha lasciato. E si avverte il bisogno di ricostruire quell'unità simbolica, quell'essere "dodici" che richiama fortemente la storia delle tribù di Israele. Unità simbolica: i diversi elenchi che troviamo nei sinottici testimoniano che non era poi così importante "quali" dodici (gli elenchi sono diversi fra loro!). E così decidono di scegliere un sostituto fra coloro che hanno seguito fin dall'inizio. Tirano a sorte e la sorte sceglie Mattia, l'apostolo di riserva, rimasto in panchina fino alla fine del secondo tempo della partita. Ci sono vite così: gregari che aspettano in panchina e che Dio rende protagonisti quando meno se lo aspettano. Forse anche noi.