Omelia (05-06-2014) |
Paolo Curtaz |
Ogni volta che leggo questo testo mi emoziono. Tanto. Mi emoziono perché Gesù, nel momento più drammatico della propria vita, non getta la spugna, non lascia perdere, non si arrende, non dice che non ci sono soluzioni e se ne va. Mi emoziono perché, nel marasma interiore che immagino stia vivendo, riesce ancora a parlare di Dio, insegna, profetizza. Mi emoziono, e tanto, perché trova il tempo e la voglia di pregare per i suoi discepoli, quei discepoli che gli stanno attorno e che hanno ampiamente dimostrato di non essere minimamente all'altezza della situazione. Quei discepoli approssimativi e fragili che, invece, di sostenerlo nell'ultima battaglia, scapperanno travolti dalla paura. E mi emoziono, e tanto, quanto leggo che nella preghiera di Cristo ci sono anch'io. Uno di quelli che per la testimonianza dei Dodici ha creduto e orientato la propria vita sulle strade del Vangelo. Sì, quella notte Gesù ha pensato anche a me. E ha pregato per me, che non venga meno la mia fede. Ero presente al Getsemani, ero presente nel cuore del Maestro. Di cosa mai devo ancora preoccuparmi nella vita? |