Omelia (11-06-2014)
Paolo Curtaz


Due scuole di pensiero teologico si affrontavano, al tempo di Gesù: da una parte i conservatori, i sadducei, che osservavano solo i precetti scritti da Mosè, le famose dieci parole, la Legge scritta; dall'altra i farisei, i perushim, che ritenevano ugualmente vincolante e stringente la selva di prescrizioni orali, oltre seicento precetti, le cosiddette miztvoth, la Legge orale. In diverse occasioni Gesù se la prende contro un'equiparazione delle due Leggi considerando, a ragione, "leggi degli uomini" molti dei precetti che finivano con lo smentire l'ampiezza di veduta della rivelazione sul Sinai. Dopo avere consegnato ai discepoli le beatitudini e prima di contestare una serie di norme della Legge orale, cosa che vedremo da domani, Gesù si preoccupa di dare una corretta interpretazione al suo agire: non è venuto per abolire le norme, non è venuto per cancellare tutto. Gesù non è un anarchico, non pensa che la norma, in sé, sia un male ma che, se ben compresa, aiuti a dare una forma al precetto dell'amore. Gesù intende riportare alla propria origine le norme degli uomini, allora come oggi.