Omelia (17-06-2014)
Paolo Curtaz


Erano rassicuranti i precetti della Legge orale: si era invitati ad amare il prossimo. Ma il prossimo era la persona che mi stava accanto e che la pensava come me, chi condivideva la mia fede e la mia sorte. Anzi: anche all'interno del popolo ebraico si potevano fare delle distinzioni, fra chi rispettava la Legge e chi no, ad esempio. Tutti, però, erano assolutamente concordi nel ritenere che il nemico, invece, andasse sempre odiato e combattuto. Il pagano, lo straniero, l'invasore. Tutti cordialmente odiati. Gesù, invece, richiama un principio presente nella Bibbia: ogni essere umano va accolto e rispettato. L'amore, allora, va imparato dal Padre che fa piovere e sorgere il sole su tutti, senza alcune distinzione, senza alcun merito. Insiste, il Signore, ridicolizzando il nostro atteggiamento: se amiamo le persone che ci amano cosa facciamo di straordinario? Al discepolo è chiesta la perfezione del Padre che ama senza limiti, che accoglie senza distinzioni, che cura ogni essere vivente... Con questa affermazione paradossale Gesù porta a compimento il suo giudizio su una Legge attribuita a Dio che, molto spesso, era solo il retaggio di buone abitudini consolidate.