Omelia (05-07-2014) |
Paolo Curtaz |
Esiste un modo di conservare le intuizioni del passato che è fecondo ed essenziale, il modo che consegna da una generazione all'altra le grandi scoperte che gli uomini hanno fatto a proprie spese e che ritengono essenziali per il futuro. Anche nella fede, succede così: la scoperta del rapporto con Dio, attraverso progressive rivelazioni, diventa un patrimonio straordinario da comunicare a chi cerca risposta di senso alla propria vita. Ma esiste un modo di conservare che diventa sterile, chiuso a in se stesso, difesa di abitudini, miope visione delle cose e del mondo. Come se Dio non fosse in continuo movimento, in continua evoluzione, in continua comunicazione con gli uomini. Gesù si scontra con questa visione che fa delle proprie consuetudini la volontà di Dio! E tira diritto per la sua strada: il vino nuovo del vangelo non può essere conservato nelle vecchie botti della tradizione giudaica stantia e immobilista. Stiamo attenti a non commettere lo stesso errore, a non confondere l'essenziale della fede, che è immutabile, con le abitudini pastorali che vanno conservate solo e quando sono funzionali all'efficacia dell'annuncio! |