Omelia (25-07-2014) |
Paolo Curtaz |
Nel cuore dell'estate celebriamo la festa di Giacomo, fratello di Giovanni, uno dei primi discepoli del Signore e primo fra i Dodici ad essere ucciso per la sua fedeltà al Maestro. Fa sorridere la scelta liturgica del vangelo che celebra la festa di uno dei grandi apostoli della Chiesa... Fa sorridere perché non è un vangelo edificante, né esalta le grandi qualità di Giacomo, né racconta uno dei momenti particolarmente intensi della sua relazione particolare col Maestro. Di Giacomo oggi leggiamo la pagina più imbarazzante, quella in cui, col fratello Giovanni, chiede una raccomandazione al Signore suscitando l'ira dei compagni. I quali, probabilmente, sono arrabbiati per non averci pensato per primi... Matteo è piuttosto duro con i figli di Zebedeo. Più di Marco, che ne parla per primo, alla fine della vita pubblica del Signore, in cui appare meglio il loro desiderio sincero di fare esperienza di Dio. Qui, invece, pare proprio che i due intraprendenti apostoli, dimostrando di non avere ancora capito in che cosa consista il Regno di Dio, vogliano due posti da primi ministri... La Chiesa, con questo vangelo, ci dice che per essere santi non occorre necessariamente essere perfetti o impeccabili. Che anche nelle nostre piccole o grandi miserie realizziamo il progetto di Dio: nonostante i nostri limiti possiamo diventare santi. |