Omelia (05-09-2014)
Paolo Curtaz


È inutile illudersi: non possiamo accogliere il vino nuovo del vangelo negli otri del vecchio pensiero religioso. Pensiero che ci è connaturale, fatto di sante abitudini, di qualche tradizione, e di ripetizioni automatiche. Anche fra noi cattolici. Paradossalmente noi discepoli del Signore rischiamo di pensare di essere molto all'avanguardia, fedeli esecutori dei comandi del Maestro. E, in suo nome, di essere i protettori dell'ortodossia. Cosa vera, in teoria: il tesoro del vangelo è così prezioso che non possiamo rovinarlo con i venti ondivaghi delle mode e delle opinioni. Più realisticamente, però, molto spesso ciò che difendiamo sono le nostre abitudini e facciamo diventare deposito della fede anche il modo di posizionare la tovaglia sull'altare! Stiamo attenti, amici: il rischio che hanno corso i contemporanei di Gesù è lo stesso che corriamo anche noi sui discepoli. È dirompente il vangelo e, in effetti, il vino nuovo spaccherà gli otri e si perderanno gli uni e gli altri. Con saggezza sappiamo costruire otri nuovi, con una pastorale che si sa interrogare, che sappiano contenere la novità del Regno.