Omelia (26-12-2014) |
Paolo Curtaz |
Mi sono anche informato con gli amici liturgisti e abbiamo ragionato a lungo. Non mi hanno convinto, devo essere sincero. La domanda me la pongo tutti gli anni, il giorno dopo il Natale: per quale misteriosissima ragione la Chiesa che festeggia otto giorni di festa, tanto dura il Natale, il giorno dopo il grande evento celebra la triste memoria di Stefano, primo fra i cristiani di ieri e di oggi a morire per causa del Vangelo? Non sentite uno stridore? Una ferita? Un calo di stile? Fortunatamente la gente passa il giorno di santo Stefano a digerire come i pitoni il pranzo ipercalorico del giorno precedente e, piuttosto storditi dalla cosa, nemmeno facciamo caso alla contraddizione. La ragione, secondo me, è che la Chiesa, nella sua saggezza, ha voluto ricordarci che è pieno di sangue il Natale che abbiamo riempito di zucchero e melassa. La luce viene ma i suoi non l'hanno accolta, le tenebre non l'hanno vinta. Esiste una forte connotazione di lotta in questo incontro, un reale combattimento senza esclusione di colpi. E Stefano ce lo ricorda. Se Dio si è incarnato, tutto cambia, anche con dolore. |