Omelia (27-12-2014)
Paolo Curtaz


Ieri Stefano, oggi Giovanni l'apostolo. Passato il Natale questi giorni servono, di solito, a prepararsi al Capodanno oppure, come succede quest'anno, a usufruire del piccolo ponte natalizio per qualche giorno di vacanza. Fissando lo sguardo sulla grotta entra in scena la memoria di Giovanni apostolo e la lettura, piuttosto curiosa, del vangelo della resurrezione. Quasi a ricordarci che dietro quel bambino c'è il risorto e che se dedichiamo del tempo a celebrare quella nascita è perché quel neonato è già il crocefisso e il risorto. Ci emozioniamo tutti di fronte alla nascita di un bambino: in questo caso, oltre l'emozione, lasciamo spazio alla teologia. È Dio che diventa uomo il centro della nostra riflessione, la sua presenza in mezzo a noi. Dio si fa uomo perché l'uomo diventi come Dio dicevano i Padri orientali. Dio si fa uomo per salvarci, dicevano i latini. Dio si fa l'uomo perché l'uomo impari a diventare più uomo, aggiungo io. Celebriamo quel bambino e lo riconosciamo come il Messia, l'inviato di Dio, il Dio-con-noi. Con stupore ancora lasciamo nascere in noi la presenza del risorto.