Omelia (03-02-2015) |
Paolo Curtaz |
Gesù incontra due dolori infiniti: quello dell'adolescente morta nella pienezza dei suoi anni e quello della donna che soffre di perdite di sangue da dodici anni. Dodici, nel linguaggio biblico, è il numero della pienezza: il loro è un dolore perfetto. Marco, con grande abilità, interseca i due racconti e ci stimola: chi è davvero morto, in questo racconto? Non la donna rosa dai sensi colpa: perdere sangue significa dimorare in uno stato perenne di impurità rituale, non avere relazioni sociali e nemmeno abbracci. Non la ragazza che dorme e che sarà riconsegnata alla vita. Sono morti, invece, coloro che hanno fatto della norma un inamovibile ostacolo, un peso insopportabile. Sono morti coloro (leggete!) che irridono stizziti alla testimonianza di Gesù che ama la vita e crede nella resurrezione. Poco importa: se riduciamo la fede ad una serie insopportabile di divieti che tiene lontane le persone, se non crediamo veramente nella resurrezione e non ci comportiamo da figli della resurrezione, il Signore ci sana, ci scuote, ci richiama alla vita e dice al fanciullo che dorme in noi: svegliati! |