Omelia (05-04-2015)
Paolo Curtaz


Salgono le vie strette della città col cuore gonfio e pesante le discepole. È tutto finito, il loro maestro è stato travolto dalla furia dalla violenza, come un'ondata di piena improvvisa e inattesa. Nessuno era pronto, nessuno ha saputo reagire, sono tutti fuggiti, la paura ora lascia il posto alla vergogna per non essere stati capaci di sostenere e difendere il loro Signore. Escono dalla porta e costeggiano il piccolo promontorio alla loro destra, i pali verticali delle croci attendono l'esecuzione di altri disgraziati, mentre il sangue dei condannati si è ormai seccato sul legno. Discutono fra loro mentre stringono al loro petto vasi contenenti oli essenziali per dare un minimo di dignità al corpo straziato di Gesù sepolto in fretta. Giungono ora al giardino: alcuni ricchi della città vi hanno fatto scavare delle preziose tombe e una di queste, quella di Giuseppe di Arimatea è stata l'ultimo dono fatto a Gesù. Ma la pietra è ribaltata. Non osano entrare e corrono trafelate fino al monte Sion, in quella casa che li ha visti radunati per l'ultima volta durante la cena. Parlano, colme di agitazione, e convincono Pietro e Giovanni ad andare a vedere. Tutto il resto è storia.