Omelia (28-04-2015)
Paolo Curtaz


Tutti pensiamo al pastore che va in cerca della pecora che si è persa e che la riporta caricandosela sulle spalle. Ma il pastore di Giovanni, quello di cui si parla nel vangelo di oggi, assume altre caratteristiche: è duro e determinato e lotta strenuamente per difendere il gregge dai lupi e dai mercenari. Un pastore che veglia, che lotta, disposto a dare la propria vita per la salvezza del gregge, diversamente da come fanno i pastori per professione. Gesù ci sta dicendo che siamo nelle sue mani, in mani sicure, che nessuno ci strapperà mai dal suo abbraccio, che solo in lui riceviamo la vita dell'Eterno. Ma per seguirlo occorre ascoltarlo e riconoscere la sua voce, cioè frequentare la sua Parola, meditarla assiduamente. Ci conosce, il Maestro. Conosce il nostro limite, la nostra fatica, ma anche la nostra costanza e la gioia che abbiamo nell'amarlo. E Gesù, oggi, ci esorta: niente ti strapperà dal mio abbraccio. Non il dolore, non la malattia, non la morte, non l'odio, non la fragilità, non il peccato, non l'indifferenza, non la contraddizione di esistere. Nulla. Nulla ci può rapire, strappare, togliere da Lui. Siamo di Cristo, ci ha pagati a caro prezzo. Siamo di Cristo.