Omelia (07-05-2015)
Paolo Curtaz


Il lungo discorso che Gesù fa dopo l'ultima cena è un crescendo di teologia e di compassione, di misericordia e di stupore. L'evangelista Giovanni pone in queste pagine il testamento spirituale del Signore e la sintesi del discorso che Gesù fa è una sola: ci invita a dimorare, a restare, a perdurare nel suo amore. Lo diamo per scontato, ma così non è. Nella storia dell'umanità la religione ha avuto spesso a che fare con la morale, con il culto, con la regola. Quasi mai con l'amore. La novità straordinaria del cristianesimo è, appunto, la rivelazione di un Dio che ama e che, amandoci, ci permette di esistere. Gesù ammette con entusiasmo e coinvolgimento di amare noi suoi discepoli. Siamo amati! Anche se non ce ne accorgiamo, anche se fatichiamo a lasciarci amare, nonostante i nostri limiti e i nostri peccati, siamo amati! Dimorare nell'amore significa, allora, fare continua memoria di questo amore senza limiti. Tutto il resto viene dopo: le norme, indispensabili per dare forma all'amore, il culto, luogo dell'incontro con l'amato, la morale, che è l'esplicitazione concreta della nostra nuova vita. Siamo amati: dimoriamo nell'amore.