Omelia (09-06-2015)
Paolo Curtaz


Le beatitudini sono il sale della nostra vita e la luce che illuminano le nostre scelte. O così dovrebbe essere. O così potrebbe diventare. Prendere sul serio il Vangelo, osare immaginarlo calato nella nostra vita concreta e quotidiana, ci permette di realizzare almeno un poco, almeno in qualche ambito, la logica nuova e destabilizzante che Gesù per primo è stato capace di vivere. Se, invece del nostro istinto, dei nostri appetiti, delle mode imperanti mettiamo la pagina delle beatitudini come criterio e metro delle nostre azioni, diventiamo noi stessi, senza saperlo, senza accorgercene il sale della terra e la luce del mondo. Non perché migliori ma perché abitati dalla presenza stessa di Dio che, alla fine, dimora in chi a lui si affida. Siamo sale: ne basta un pizzico per dare sapore alla vita. Siamo luce: è sufficiente una piccola candela per spezzare le tenebre fitte di una grande cattedrale. Stiamo attenti, però. Se il sale perde il suo sapore non serve a nulla. Se viviamo la radicalità del Vangelo con superficialità e approssimazione non saliamo un bel niente, né la nostra vita, né tanto meno la Storia.