Omelia (22-06-2015) |
Paolo Curtaz |
Il rischio di passare da un eccesso all'altro è sempre presente nella Chiesa. Veniamo da un passato in cui si giudicava con severità ogni atteggiamento, e il confine fra etica e pettegolezzo era molto labile. Una severità che, pur partendo da buone intenzioni, finiva col far diventare il cristianesimo una religione intollerante e giudicante. Oggi, in tempi di buonismo, si è passati ad un atteggiamento uguale e contrario: Dio è talmente buono da non occuparsi affatto del nostro comportamento. Come se la fede e la vita concreta non avessero punti di contatto. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: Dio non è un severo sanzionatorie e nemmeno babbo Natale... Il cristiano è chiamato a giudicare, non a spettegolare!, secondo la logica di Dio che vede sempre la parte positiva e propositiva, che va in cerca della pecora perduta, ma che richiama alle proprie responsabilità il peccatore. Far finta di niente non è affatto un atteggiamento amorevole... Dio riesce ad essere nel contempo accogliente ed esigente per farci uscire dalle secche in cui areniamo la nostra santità. Da lui impariamo a giudicarci e a giudicare. |