Omelia (18-07-2015) |
Paolo Curtaz |
Nel Vangelo di Matteo troviamo con frequenza quelle che gli esegeti definiscono "formule di compimento". L'evangelista, cioè, si preoccupa di aiutare il lettore a riconoscere nelle vicende di Gesù il compimento delle profezie dell'Antico Testamento. Matteo vuole rassicurare la sua comunità, composta in prevalenza da ebrei: anche se Gesù appare diverso da ciò che il giudaismo si aspettava da un Messia, egli è davvero l'inviato di Dio. Nel caso specifico, Matteo ci tiene a sottolineare che l'atteggiamento compassionevole e dimesso del Signore non è in alcun modo segno di debolezza e di fragilità ma, piuttosto, il modo che egli ha di essere attento alle persone più deboli, più svantaggiate. E noi suoi discepoli dovremmo tenere in grande considerazione questo suo atteggiamento per non far diventare le nostre parrocchie delle dogane, come dice splendidamente papa Francesco. Siamo chiamati ad accogliere chiunque, con compassione e benevolenza, pronti ad indicare la strada verso la conversione che, noi per primi, intendiamo percorrere. Solo così risulteremo credibili. |