Omelia (11-08-2015)
Paolo Curtaz


Farsi piccoli come un bambino. È ciò che chiede il Signore ai propri discepoli, a noi. Farsi piccoli in un mondo in cui tutti sgomitano e urlano, in cui ci si scazzotta per un titolo, per un riconoscimento, per un briciolo di visibilità. A volte, purtroppo, come ben segnalato da papa Francesco, anche nella Chiesa. Farsi piccoli. Non significa giocare a fare i falsi umili, o, peggio, a dare la stura alla nostra vena autolesionista e depressa. Ma ragionare col cuore di un bambino che lascia emergere la propria parte pura e limpida, quella che si affida, che attende, che crede. Farsi piccoli richiede uno sforzo, non ci viene naturale, affatto. Richiede partecipazione e convinzione, ponendo la presenza di Dio in cima ai nostri pensieri, dopo le nostre legittime ambizioni. Farsi piccoli: ci basta sapere di essere preziosi agli occhi di Dio, di essere unici nel suo sguardo, amati come quella pecora imbranata che si perde nei pascoli della vita. E riconoscere nell'abbraccio forte del pastore che ci è venuto a cercare l'abbraccio di Dio. Farsi piccoli per farsi portare in spalla, per essere presi in braccio. Davvero vogliamo qualcosa di diverso?