Omelia (28-08-2015)
Paolo Curtaz


Il vangelo di Matteo si conclude con tre parabole dense e significative. Ieri il Signore ci invitava a vegliare. Oggi ce ne spiega la ragione. La comunità cui Matteo si rivolge, la sua, è composta prevalentemente da ebrei rimasti travolti dalla distruzione di Gerusalemme e del tempio. Un evento talmente drammatico da avere gettato nello sconforto anche la comunità cristiana. Come se, per avere un termine di paragone, un missile di qualche fondamentalista distruggesse san Pietro, uccidendo anche il Papa. Un evento che li aveva gettati nello sconforto. E Matteo li incoraggia riprendendo le parole del Signore Gesù. E li invita a vegliare come le amiche della sposa attendono lo sposo che viene nel cuore della notte. Uno sposo piuttosto originale! Ma che dobbiamo attendere alimentando la lampada della fede con l'olio della preghiera. Matteo non fornisce una spiegazione agli eventi, come anche noi restiamo allibiti davanti agli eventi che ci raggiungono dai media. Ma indica una prospettiva altra e alta, siamo chiamati ad attendere lo sposo, senza scoraggiarci. Lo sposo, non l'esattore. Un'attesa, quindi, già colma di gioia.