Omelia (21-09-2015)
Paolo Curtaz


Oggi la Chiesa celebra il grande evangelista Matteo, uno dei discepoli, l'autore di un vangelo indirizzato in particolare ai giudei diventati cristiani. Un grande dono anche per noi, il suo lavoro.
Il destino del Vangelo di Matteo è decisamente curioso: a partire da una scorretta interpretazione del passato, per oltre un millennio si è creduto che Marco fosse un riassunto di Matteo, relegando il primo dietro il secondo. In realtà oggi sappiamo che è stato proprio Marco a scrivere per primo un Vangelo e che Matteo, qualche anno dopo, ha sentito la necessità di scrivere un altro testo che ricopiasse Marco e che aggiungesse alcune cose. Perché? Oggi gli studiosi sono d'accordo: la distruzione del tempio e di Gerusalemme aveva gettato nello sconforto i cristiani di origine giudaica. Un evento di un impatto emotivo enorme che li aveva messi in crisi radicale. Ed ecco la risposta di Matteo: il tempio non c'è più, la presenza di Dio se n'è andata ma noi abbiamo Gesù, l'Emmanuele, il Dio con noi. Matteo scrive il suo testo per incoraggiare la sua comunità, per fornire una chiave di interpretazione della realtà a partire dalla fede. Perciò è come uno scriba che sa trarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Imitiamolo nella sua capacità di leggere gli eventi alla luce del messaggio evangelico, diventiamo noi dei "vangeli" per le persone che incontriamo.